Scontro col portiere: calciatore in fin di vita

La madre del ragazzo, seduta in tribuna, ha assistito al dramma. I medici non danno speranze: stanno per dichiarare la morte cerebrale

da Bolzano

Morire su un campo di calcio durante una normale, una delle tanti azioni di gioco: un salto per contendere la palla al portiere, il contrasto, poi la caduta. Fatale. Un ragazzo di 18 anni è in stato di morte cerebrale all’ospedale San Maurizio di Bolzano, dopo aver battuto la testa a terra sul campo sintetico del centro sportivo di Maso Ronco (Bolzano) dove si stava disputando una partita del del campionato regionale juniores.
Sembrava che Nicola Tomasi, questo il nome del giovane attaccante del Mori Santo Stefano, seppur intontito stesse bene. Dopo l’impatto era cosciente e rispondeva ai soccorritori che si erano precipitati sul campo. «Ho male alla testa» ha avuto il tempo di dire, poi però, improvvisamente, ha perso i sensi e non si è più ripreso. Trasportato d’urgenza all’ospedale di Bolzano, il giovane ha subito una disperata operazione alla testa, ma poche ore più tardi i medici hanno dichiarato la morte cerebrale per una vasta emorragia.
Ad assistere in diretta al dramma, c’era anche la madre dello sfortunato ragazzo, Katia Gobbi. Lei seduta sugli spalti.
Attoniti i dirigenti, l’allenatore che ieri insieme con il resto della squadra, erano al capezzale del ragazzo.
«Sono arrivato poco dopo perché mi trovavo a Termeno per un'altra partita - racconta un dirigente dell'Appiano, la squadra avversaria -. Mi hanno detto che c'è stato un contatto fortuito di gioco, non violento assolutamente, anzi leggero, il ragazzo è caduto malamente e ha battuto la nuca. I soccorsi sono stati tempestivi. È stato fatto tutto quando si poteva fare. Siamo addolorati e impressionati per quello che è successo. Non ci sono parole. Una tragedia assurda, incredibile».
Poi arrivano le telefonate del presidente della Federcalcio regionale Osvaldo Carbonari e del presidente del Comitato altoatesino Karl Rungger.
Dicono che col pallone fosse bravo Tomasi, un promettente numero 10. «Cosa volete che vi dica - sussurra un altro dirigente -. Un ragazzo come tanti che giocano a calcio con passione, con entusiasmo. Ma lui era un giocoliere, uno di quelli bravi con la palla tra i piedi».
Ora tutti cercano un perché. Una spiegazione difficile, se non impossibile da trovare nei fili annodati di un perfido destino.
Non c’è più speranza, ma nonostante tutto mamma Katia non riesce a staccarsi dal suo «bambino», attaccato alle macchine, sprofondato in un sonno irreale. Lei fino a ieri pregava, in silenzio, con gli occhi gonfi di lacrime. Spera forse ancora in quel miracolo che i medici hanno ormai giudicato impossibile.
«Gli avevo detto di smettere di giocare a calcio. Con lo sci aveva un futuro. Ma adesso?», diceva con voce strozzata dal dolore ieri sera il padre, Riccardo. Lui ha trovato però anche la forza di tentare di confortare l’altro giovane coinvolto nello scontro di gioco, il portiere dell’Appiano.

«Non sentirti in colpa - gli ha detto - e se continuerai a giocare a calcio, per favore, fallo anche per Nicola, perché lui, ora, non può più».
Per la società non si tratta della prima tragedia: nel 2004 avevano perso la vita due atleti, in incidenti stradali, e nel 2006 un dirigente, stroncato da un infarto mentre guardava una partita.

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