Scontro nella Cia sulle torture ai prigionieri: e il rapporto slitta

I risultati dell'inchiesta interna sulle "tecniche di interrogatorio" dei terroristi dovevano essere pubblicati oggi. Ma a Langley hanno chiesto altre limature

Scontro nella Cia sulle torture 
ai prigionieri: e il rapporto slitta

Oggi doveva essere il giorno della verità: l'ex dirigente della Cia John L. Helgerson, incaricato di indagare sui metodi di interrogatorio antiterrorismo messi in atto dagli 007 americani, avrebbe dovuto rendere nota la versione finale del suo rapporto. Ma il rapporto per ora non si è visto. E dietro il ritardo si coglie uno scontro assai duro all'interno dell'intelligence americana. In queste ore l'Agenzia starebbe chiedendo di limare o modificare alcuni passaggi del rapporto destinati ad avere effetti devastanti. «La Cia sta rivedendo il rapporto per decidere quali aspetti possano essere desecretati», ha dichiarato il portavoce di Langley, George Little. La parola «censura» ovviamente non viene pronunciata, gli operativi della Cia sostengono di stare lavorando semplicemente per evitare che vengano rese note procedure la cui conoscenza potrebbe avvantaggiare i terroristi e i loro alleati. Ma il sospetto che si cerchi anche di evitare l'incriminazione in serie - e fino a livelli anche assai alti - della vecchia guardia dell'intelligence, quella che si è sobbarcata sotto le presidenze Bush il carico dellle Torri gemelle, dell'Afghanistan e dell'Iraq - è inevitabile.
Helgerson ha interrogato più di cento agenti Cia e ha analizzato oltre 37mila documenti. Secondo notizie di stampa americane, lo stesso Helgerson avrebbe già trasmesso al ministero della Giustizia una serie di casi in cui la responsabilità penale degli 007 era evidente perchè si procedesse con la loro incriminazione. Helgerson ha smentito. Ufficialmente, fino ad oggi l'unico caso di procedimento penale aperto in seguito alla scoperta delle procedure di interrogatorio è quello di David Passaro, l'ex contractor (cioè collaboratore esterno, da sempre il tipo di personale cui l'Agenzia subappalta il lavoro «sporco») condannato a otto anni di carcere per la vicenda di Abdul Wali, un prigioniero afghano morto sotto interrogatorio nel 2003.
«Abbiamo esaminato - ha spiegato recentemente Helgerson - attività effettuate all'interno del programma formalmente approvato, e anche episodi avvenuti aldifuori di esso. Abbiamo trovato molte cose che funzionavano bene e anche alcune di cui essere preoccupati».
Una prima versione del rapporto Helgerson era stata consegnata dal governo Usa - sulla base del Freedom of information act - all'Unione Americana per le libertà civili: ma l'associazione si era vista consegnare una versione quasi integralmente censurata. «Il pubblico ha diritto di sapere cosa accadeva nelle prigioni della Cia e sulla base di quale autorità», hanno dichiarato i suoi vertici, reclamando la pubblicazione integrale del rapporto. Barack Obama, come è noto, ha già desecretato alcuni passaggi, tra cui quello sui metodi di interrogatorio pesante - come il waterboarding - impiegati dalla Cia e dai suoi contractor, e in una dichiarazione ha equiparato questa tecnica a «una forma di tortura». Ma non è affatto detto che il nuovo presidente intenda scaricare alla leggera i veterani che in questi anni hanno tenuto a galla l'Agenzia.

Anche per questo, per capire quanto profondo sia il rinnovamento che Obama intende imprimere alla gestione dell'intelligence, sarà interessante leggere la versione finale del rapporto Helgerson, quando finalmente verrà pubblicata.

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