Scontro sulle impronte, altro rinvio per Stasi

nostro inviato a Vigevano (Pavia)

La seconda volta davanti al giudice è, se possibile, più lieve. Rita Poggi, la mamma di Chiara, alla fine è più sollevata: «Ero meno tesa rispetto a martedì scorso. Quell’esperienza è stata durissima, oggi meno. Molto meno». La signora Rita, il marito Giuseppe, il figlio Marco da una parte; Alberto Stasi con i suoi difensori dall’altra. Nessuno sguardo, a sancire una tregua armata che in ogni momento può essere rotta. La madre di Chiara conferma: «Non ci siamo parlati, non ci siamo guardati in faccia, niente di niente».
Tocca al gup Stefano Vitelli, in quel clima gelido, dirigere il traffico delle eccezioni. L’udienza preliminare è un lungo imbuto che scivola verso il probabilissimo processo: il problema è capire cosa arriverà a suo tempo in aula e quali elementi o indizi o prove resteranno fuori, tecnicamente inutilizzabili per le più svariate ragioni. Così le sedute che si susseguono a porte chiuse si risolvono per ora in scontri fra periti e consulenti. Quelli della difesa contro quelli di parte civile, a loro volta a braccetto del Ris dei carabinieri.
Ed è proprio il genetista Marzio Capra, l’esperto dei Poggi, ad andare all’attacco con una memoria di quattro pagine che prova a smontare le conclusioni degli avversari e ribadisce alcuni punti. Il più suggestivo è relativo all’erogatore di sapone, trovato in bagno. Capra non ha più dubbi: «È chiaro - spiega al Giornale - che l’assassino, grondante sangue, andò lì per rimettersi in ordine. E poi pulì accuratamente il lavandino e anche il dispenser. Ma io ho studiato quell’erogatore e sono arrivato ad una conclusione certa: su quell’oggetto ci sono le impronte di Alberto e il Dna di Chiara. Questo significa una sola cosa: lui ha cercato di eliminare tutte le tracce dell’omicidio, ha lavato con cura tutto quel che poteva lavare, ma non è riuscito a cancellare quel che era successo». Il Ris, con un’altra relazione, giunge agli stessi risultati e definisce «aprioristiche e approssimative» le valutazioni dei tecnici della difesa. L’avvocato Angelo Giarda, difensore di Stasi, intuisce l’importanza del dispenser e cerca di toglierlo dalla scena processuale, ma non ci riesce: il gup spiega che quell’elemento è stato raccolto correttamente e dunque sarà utilizzato. Quanto al suo spessore dibattimentale, si vedrà al momento opportuno.
Capra cerca di fissare anche un altro paletto, questa volta relativo al pavimento di casa Poggi: «Ho riesaminato le tracce del Dna di Chiara, migliaia, e le macchie di sangue, moltissime. È impossibile che Alberto non si sia sporcato le scarpe camminando, come sostiene di aver fatto, in quell’ambiente». Stasi continua a ripetere di aver visto Chiara morta, sulla scala che porta alla taverna, prima di uscire e dare l’allarme. Ma le analisi compiute dai consulenti dei Poggi e dal Ris lo smentiscono.

Infine Capra torna sulla bicicletta di Alberto: «Le tracce del Dna di Chiara sui pedali ci sono e sono cospicue. È evidente che Stasi è scappato in bici e poi il mezzo è stato lavato». Prossima puntata il 13 marzo. Presto, la contesa si sposterà sul computer di Alberto.

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