Ferruccio Repetti
Mai stato così distante dallItalia, lex Celeste Impero, come in questi giorni in cui il fervore di politici, amministratori pubblici e imprenditori, quelli liguri in prima fila, nei confronti delle missioni in Oriente rasenta la frenesia (più di stampo turistico che culturale ed economico). Eppure, il pianeta-Cina, o meglio le «tante Cine» che esistono e resistono, a poche ore daereo dallEuropa, sotto forma di etnie, ma anche di espressioni artistiche, usi, costumi, tradizioni tuttora fondamentalmente imperscrutabili, meriterebbero qualcosa di più di un approccio diplomatico e qualcosa di meglio di un auspicio generico a «incrementare i rapporti con questo grande Paese»: luoghi comuni, questi, che poco o nulla hanno a che fare con la voglia di capire, e sanno piuttosto di sconcerto e paura per lo sviluppo - a due cifre! - del prodotto interno lordo e per linvasione di prodotti a basso costo nei mercati occidentali. Ma siccome «un altro modo è possibile», sempre, per affrontare con umiltà e onestà intellettuale - intendo: senza sussiego e senza piaggeria - il variegato scenario di un continente di 9 milioni di chilometri quadrati, un miliardo e trecento milioni di abitanti (il tempo di leggere questo pezzullino, e sono già cresciuti di parecchie migliaia), e soprattutto una storia plurimillenaria, qualcuno doveva pur darsi da fare prima o poi per scardinare il conformismo scansando le secche dellideologia e, ovviamente, evitando di montarsi la testa. Ha seguito questo metodo, in particolare, il Celso, che sta per Istituto di studi orientali, Dipartimento studi asiatici, un drappello di studiosi, mica tanti, ma appassionati, che si occupa da oltre un decennio a Genova di studi e ricerche sulle civiltà orientali, Cina, e Giappone, India e Paesi Arabi compresi. Studiano, e organizzano corsi di lingue, stage, scambi culturali, seminari, convegni. Insomma, ci sta molto, se non tutto negli obiettivi e nel programma di attività coordinato dal direttore Alberto de Simone. Che a un certo punto sè messo in testa di realizzare un progetto a dir poco ambizioso: «Cina. Volti della tradizione - Prospettive di futuro». Mica poco: un contenitore da riempire, con prudenza e rispetto, di mostre, concerti, spettacoli, conferenze, rassegne cinematografiche, laboratori, installazioni convegni, seminari su arte, filosofia, scienza, storia ed economia. La sfida è arrivata finalmente allesordio e andrà avanti fino al 31 ottobre del prossimo anno. Si parte oggi, alle 18, con la mostra «La via della scrittura e larte della calligrafia cinese», a Palazzo Ducale (ingresso libero, fino al 15 ottobre, orario continuato martedì-domenica, dalle 10 alle 19): un itinerario originale attraverso reperti, testimonianze, documenti, tavole didattiche che parlano anche al più distaccato degli occidentali di forma e estetica dellarte della calligrafia cinese, «considerata da sempre - ha spiegato ieri lo stesso de Simone, nel presentare liniziativa con lassessore Anna Castellano - la regina delle arti per le sue implicazioni filosofiche e la potenza espressiva». Uno sguardo rapido in anteprima nelle stanze della Loggia degli Abati, mentre è ancora in corso lallestimento, trasmette già suggestione: la scritta, il timbro, il campionario di pennelli, e quella stuoia che pare venire, chissà, dalle pagode della Città proibita o dai templi del Quinghai, dalle Tre Gole del Chang Jang (il Lungo Fiume, che gli occidentali chiamano Yangtze) o dallo scavo di Xian (e per questo puoi immaginarti che abbia viaggiato nel tempo e nello spazio con la legione dei diecimila guerrieri di terracotta) sono lì davanti agli occhi, ma portano lontano.
Il secondo appuntamento della rassegna è praticamente di seguito alla vernice della mostra, alle 21, al teatro Carlo Felice, e sempre a ingresso gratuito, per il concerto della musicista cinese Lingling Yu, virtuosa dellantico strumento «pi-pa».
Quattordici mesi pieni di cose da guardare e capire. Una sollecitazione che vale innanzi tutto per tutti quei politici che si scoprono grandi viaggiatori.
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