Prepariamoci al peggio. Dal tribunale di Napoli e dal processo penale contro Moggi più altri sono in arrivo altri veleni oltre che centinaia di telefonate, intercettate, mai trascritte che il difensore di Lucianone ha acquistato (25 mila euro) tirandole fuori dal faldone abbandonato del colonello Auricchio. Secondo gli inquirenti non contenevano colloqui penalmente rilevanti che modificano l'assetto delle accuse. Può darsi. Di sicuro possono, sul piano sportivo, modificare lo scenario offerto dai procedimenti con cui la giustizia sportiva ha liquidato "calciopoli".
I colloqui pubblicati negli ultimi giorni hanno di fatto dimostrato che anche l'Inter, nelle persone del suo presidente in carica all'epoca, Giacinto Facchetti, e nel suo patron, Massimo Moratti, avevano rapporti telefonici con Paolo Bergamo, designatore arbitrale. Giacinto si era spinto fino a fargli visita a Livorno, con cena privatissima, nell'abitazione dello stesso Bergamo. Anche questo era un dettaglio noto: al tempo, Francesco Saverio Borrelli, responsabile delle indagini, non ebbe cuore di chiedere il rinvio a giudizio di Facchetti. Giacinto era molto malato, si spense infatti nei primi giorni di settembre del 2006. Poteva rispondere di omessa denuncia per aver ascoltato le confessioni dell'arbitro Nucini senza riferirle alle autorità calcistiche competenti: tutti si rendevano conto che sarebbe stato un passaggio inutile, era infetta l'organizzazione, a tutti i livelli.
Oggi sappiamo che anche Moratti parlava con Bergamo, come lo stesso designatore livornese ha più volte ripetuto. Ma dobbiamo chiederci perchè i colloqui più interessanti cominciarono nel gennaio-febbraio 2005. Secondo una corrente di pensiero, all'epoca dalla procura di Torino iniziò la fuga di notizie sulle indagini che portarono Moggi a deviare sulle schede svizzere. Moratti ha commesso un errore evidente: aver ribadito all'epoca di non essersi mai piegato a quella pratica. Si era piegato eccome, anche se ha evitato- per quel che sappiamo fino a oggi- di spingersi oltre l'articolo 1 del regolamento sportivo, oltre il lecito insomma.
Eppure l'errore più grande lo hanno commesso in due: Guido Rossi e il suo assistente avvocato Nicoletti. Uno, commissario straordinario, l'altro suo vice principale, decisero infatti al culmine del primo sommario processo sportivo di strappare lo scudetto dal petto della Juve e di assegnarlo a tavolino all'Inter che era arrivata dietro, staccata, perchè nel frattempo anche il Milan, secondo, era stato colpito dai fulmini della penalizzazione.
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