Una scossa sull'8 marzo: "A sinistra donne elette grazie a favori sessuali"

L’accusa della deputata Pdl Rizzoli: "Non escludo che alcune si siano concesse ai loro capi. Èora di abolire questa festa"

Una scossa sull'8 marzo: 
"A sinistra donne elette  
grazie a favori sessuali"

Roma Nessun nome né casi spe­­cifici, ma «le voci ci sono» e ri­schiano di rovinare l’otto mar­zo più manicheo della storia re­pubblicana. Lo schema che vuole l’altra metà del cielo divi­sa a sua volta in due quarti, uno virtuoso e meritevole (le donne di sinistra) e l’altro corruttibile e amorale (quelle di centrode­stra), non è aderente alla realtà, neppure a quella del Parlamen­to. Perché se ci sono elette (o eletti) per meriti non politici si possono trovare anche a sini­stra. A rompere il ta­bù è stata Melania Rizzoli, medico, par­lamentare del Pdl e membro della Com­missione Affari So­ciali. Rispondendo a una domanda di Klaus Davi non ha escluso che ci possa­n­o essere parlamen­tari della sinistra elette dopo essersi concesse sessual­mente ai capi di par­tito.

Ci sono «depu­tate e deputati - ha spiegato - che non hanno un curri­culum politico che giustifichi la loro presenza in Parla­mento. Ci sono evi­dentemente altri motivi». La princi­pale accusa che le opposizioni rivolgano al centro­­destra, insomma, si potrebbe ri­baltare e applicare al centrosi­nistra. Come se non bastasse, a Klau­scondicio , Rizzoli ha preso di mira anche la festa della don­na. «L’8 marzo andrebbe aboli­to e cancellato dal calendario come festa delle donne. Una commemorazione che io perso­nalmente non ho mai fe­steggia­to perché frutto di una distinzio­ne di genere. È una festa supera­ta, istituita nel 1908 in seguito all’incendio che colpì una fabbrica di camicie dove lavoravano nume­rose donne. Fu proclamata per re­golamentare e migliorare il lavoro femminile. Oggi non ha più senso, rappresenta una forma discrimina­zio­ne e pone una distanza tra uomi­ni e donne. È una commemorazio­ne inutile, che non aiuta a migliora­re la condizione del lavoro femmi­nile.

Se ci deve essere una festa del­la donna, allora si istituisca anche una festa dell’uomo». Tesi che, in linea di principio, non contraddice nessuna rivendi­cazione femminista, ma tocca un simbolo difficile da mettere in di­scussione. Una data sul­la quale, quest’anno, la sinistra punta molto e in­tende trasformare in un’occasione di lotta contro il governo. In agenda c’è la consegna delle firme Pd contro Sil­vio Berlusconi e i cortei separati a causa della presenza delle donne di Fli, non gradita a tutte le militanti rosa. Altro che abolizione. Per Barbara Pollastrini, deputata Pd ed ex mini­stro, l’otto marzo do­vrebbe diventare «un giorno festivo vero». Le donne sono «le più pena­­lizzate nel lavoro, nelle carriere, nella scelta di maternità, nel carico di impegni». Poi «questa volta», sottolinea Polla­strini, «c’è una ragione in più per festeggiare: siamo in tantissime a rialzare la testa e a battagliare, so­no mimose di lotta».

Insomma la festa non può che avere il marchio di «Se non ora quando», la manife­stazione della sinistra contro il go­verno.

E poco importa se questa co­l­oritura terrà fuori almeno i due ter­zi del genere femminile. Importa ancora meno che in Parlamento le voci sulle candidature per meriti di letto lambiscano anche la sinistra. Le appartenenze politiche, in que­sto otto marzo, pesano più dei legit­timi interessi di genere.

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