Franco Fayenz
Il sassofonista tenore Scott Hamilton suona al Blue Note di via Borsieri 37 soltanto per questa sera, alle 21 e alle 23.30. Sono con lui Rossano Sportiello pianoforte, Luciano Milanese contrabbasso e Bobby Durham batteria. È un'occasione preziosa che i musicofili avveduti non devono lasciarsi sfuggire. Hamilton è uno dei maggiori sassofonisti del jazz contemporaneo ma è un "illustre isolato" per le ragioni che vedremo subito; e purtroppo la sua presenza nell'agone discografico e concertistico è saltuaria perché la sua salute è cagionevole fin dall'infanzia.
Viene dall'Ohio e compie 48 anni nel prossimo agosto. Quando, appena ventenne, Hamilton si fa notare a livello internazionale, la sua personalità appare subito assai singolare, provocando qualche opposizione fra i critici (non molti ma combattivi) che si attendono dai musicisti emergenti innovazioni stilistiche sostanziali. Fra gli anni Settanta e Ottanta il sassofono jazz è dominato dalla grande ombra di John Coltrane, scomparso nel 1967.
Tutti i virtuosi dell'attrezzo inventato a metà dell'Ottocento da Adolphe Sax imitano la sua sonorità e il suo fraseggio, perfino al di fuori del jazz, e considerano il maestro come un punto di partenza essenziale per il proprio futuro. Hamilton, invece, riesce ad evitarlo: i suoi punti di riferimento sono i migliori solisti precoltraniani quali Lester Young, Ben Webster e Coleman Hawkins, la cui vigorosa voce strumentale cominciò ad affermarsi alla fine degli anni Venti.
Un po' alla volta, proprio questa scelta temeraria fa apprezzare Hamilton che, si dice, «riesce ad essere uno straordinario sassofonista affrancandosi da Coltrane la cui incombenza rischia, per un singolare paradosso, di bloccare nuove trasformazioni e nuovi traguardi».
Lo frenano soltanto i guai di salute, perfino un tumore da cui riesce a guarire. Ciò malgrado vince premi prestigiosi e riesce a compiere qualche tournée in Europa, quasi sempre da solo e quindi appoggiandosi a musicisti locali che gareggiano per collaborare con lui per la sua capacità di adattarsi a qualunque compagno, purché valido, e a qualunque situazione espressiva.
Così è anche questa volta: il batterista Bobby Durham non ha bisogno di presentazioni; occorre invece sottolineare che Luciano Milanese è uno dei più esperti e collaudati contrabbassisti italiani, e che il giovane pianista Rossano Sportiello attende ancora, pur essendo stimato e apprezzato, di essere valorizzato come merita.
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