Sul sito di Nazione indiana circola da mercoledì una lettera a firma di un buon numero di scrittori dellEinaudi che si associano alle proteste sulla legge «bavaglio» (è poi uscita a pagina 2 del Manifesto). I firmatari: Francesco Abate; Niccolò Ammaniti; Andrea Bajani; Eraldo Baldini; Giulia Blasi; Ascanio Celestini; Mauro Covacich; Giancarlo De Cataldo; Diego De Silva; Giorgio Falco; Marcello Fois; Anilda Ibrahimi; Nicola Lagioia; Antonella Lattanzi; Carlo Lucarelli; Michele Mari; Rossella Milone; Antonio Moresco; Michela Murgia... E tanti altri. Sono subito fioccati i post di approvazione dei lettori. Ma è anche arrivato quello che ha pensato bene di imbastire la «caccia» alle firme mancanti: «Questo vuol dire che tutti gli scrittori Einaudi sono stati invitati a firmare la lettera e che perciò i molti che mancano si sono rifiutati di farlo?». Interviene allora Michela Murgia a stemperare i toni: «Perché dovrebbe voler dire questo?». Ma il meglio riesce a farlo Giulio Mozzi (nella foto) annusando leventualità che il suo non firmare lappello sia ascrivibile a colpa morale. Sul suo sito Vibrisse (lincato alla discussione) si autoprocessa spiegando perché non ha sottoscritto. Si inventa un interlocutore e ci dialoga: «Mozzi, comè che non cè anche lei tra i firmatari della lettera?». «Perché non sono uno scrittore Einaudi...». «Lei, con la sua solita pedanteria, grazie a questo sofismo è riuscito a non firmare la lettera. Parandosi per bene il culo...».
«Io non credo che a questo Gruppo di Comando interessi stendere un velo di segretezza sulla criminalità organizzata...». Insomma, per riuscire a dire che uno firma quello che gli pare ha dovuto scindersi la personalità. Psicodrammi enaudiani.Gli scrittori buoni firmano contro la legge «bavaglio», i cattivi si autoprocessano
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