Gli scrittori ebrei scelgono Roma per confrontarsi

Per la seconda volta nel giro di due anni, Roma torna a essere capitale della cultura ebraica. Era successo una prima volta nel luglio dello scorso anno quando la capitale ha ospitato l’ultima edizione delle Maccabiadi (sorta di piccola olimpiade che coinvolge atleti ebrei provenienti da tutti i paesi del mondo). E succederà di nuovo domani sera quando alle 21 si apre alla Casa dell’Architettura (piazza Manfredo Fanti, all’Esquilino) la prima edizione del Festival internazionale di letteratura ebraica.
Un appuntamento atteso da tanto. Anzi da sempre. Almeno all’interno di quel jet set costituito dall’intellighentia ebraica disseminata un po’ dovunque. Già perché, per far fede a quanto dice il Talmud, scrivere un libro è una delle tre cose - insieme a piantare un albero e fare un figlio - che un uomo dovrebbe compiere nella vita. E nella storia letteraria mondiale i rappresentanti della cultura ebraica sono in prima fila. La letteratura ricopre, infatti, da sempre un ruolo centrale nella trasmissione della cultura ebraica. Una cultura, però, come ha sottolineato ieri l’assessore alle Politiche culturali del Campidoglio, Umberto Croppi, durante la presentazione del festival, tutt’altro che «altra» e «separata», visto che in essa si riscontrano gli stessi elementi costitutivi della nostra cultura. Il festival - nato quasi un anno fa da un’intuizione di Francesco Marcolini e Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica, - è stato affidato alle cure di Ariela Piattelli, Raffaella Spizzichino e Shulim Vogelmann che per l’occasione hanno invitato un nutrito gruppo di scrittori provenienti non solo da Israele. Si alterneranno sul palco di piazza Manfredo Fanti l’impegno civile di Sami Michaelm - uno dei più illustri intellettuali israeliani - con l’umorismo «laico» dell’americano Nathan Englander, l’esegesi biblica spiegata da Haim Baharier e Stefano Levi Della Torre, la poesia di Roberto Piperno, Laura Voghera e Agi Mishol e ancora la shoah nei racconti di Lizzie Doron con lo stile surreale di Etgar Keret. Modernità, identità, scrittura il rapporto con l’altro e il sacro, sono alcuni dei temi che saranno approfonditi anche grazie al confronto conf irme prestigiose del giornalistmo e della cultura italiana come Erri De Luca, Lia Levi e Stas’ Grawronsky.
Fino al 24 settembre, quindi, ci sono buone ragioni per credere che la letteratura darà un grosso contributo per una miglior comprensione del mondo ebraico.

«Vedere per strada i cartelloni che pubblicizzano l’evento - commenta con orgoglio Pacifici - mi fa capire quanto le cose siano finalmente cambiate. Ora tocca a noi uscire dal trito cliché delle vittime e proporci finalmente come valido interlocutore per ogni tipo di confronto democratico e civile». Per informazioni:www.festivaletteraturaebraica.ti.

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