Scrive un capocantiere «I trucchi dei costruttori? Ci convivo da 50 anni...»

Caro direttore,
in questi giorni sui giornali si parla molto di cemento depotenziato, di lavori infrastrutturali, di ospedali, case, etc. Il sottoscritto non è un costruttore, ma un geometra capo cantiere con 50 anni di esperienza e nella mia carriera gli abusi sulle costruzioni li ho conosciuti tutti, a volte li ho anche attuati, su lavori di dighe, viadotti, gallerie, lotti autostradali e altro. Si parla tanto di calcestruzzo annacquato, si danno colpe agli impresari e alle società fornitrici di calcestruzzo, a volte a torto e a volte a ragione, ma la fornitura del calcestruzzo, che insieme all'acciaio costituisce il cemento armato, ha ben altre problematiche. Le stesse problematiche che si hanno quando si costruiscono le opere sottoterra, le più redditizie per le truffe, la fornitura e posa in opera degli asfalti e via di seguito. Bisogna conoscere, come diciamo in gergo, la filiera. La truffa sugli appalti inizia dalla politica, poi dalle concessionarie, dall'appalto e da chi lo vince. Oggi in Italia un appalto andato in gara con un prezzo di 50 milioni di euro, vinto con un ribasso del 40%, si dovrebbe fare con un importo di 30 milioni di euro. Ci si rimette, allora iniziano gli studi per attuare le truffe, che sono tante, inimmaginabili. Alla fine il lavoro viene a costare, con trucchi vari, anche 70 milioni. E inoltre è costruito male, con materiali scadenti e pericoloso per l'utenza. I responsabili sono, oltre a quelli già sopra menzionati, in ordine: geologi, progettisti (sia del progetto andato in gara sia del progetto esecutivo), direzione lavori, impresa appaltatrice, sub-appaltatori, capo cantiere, direttore tecnico dell'impresa. Questo è un aspetto dei lavori sconosciuto, ai più, conosciutissimo da magistrati che hanno tentato di risolvere quei pochi processi a cui sono arrivati. Ho scritto un libro su questi argomenti (non ancora pubblicato) in cui si parla di un'inchiesta della procura di Torino, con condanne di sei imputati su un lotto sulla S.S. 24 del Monginevro anno 1996, che sui media non ebbe riscontri, ma che arrecò molti danni a progettisti, concessionaria, direttore dei lavori, geologo, capo cantiere, titolare dell'impresa, ispettore regionale fino agli alti vertici. Si parla tanto e tutti hanno la loro verità, ma la verità è ben altra.
L.C. Piani - Cattolica

La ringrazio per la sua testimonianza e per la sua sincera ammissione («Gli abusi li ho conosciuti tutti e li ho anche attuati»). Ma se devo essere sincero, caro signor Piani, quale sia la «ben altra» verità di cui parla, non l’ho capito. Lei denuncia il meccanismo delle aste al ribasso. Ed è noto: per vincere si fanno prezzi stracciati, che poi nessuno riesce davvero ad applicare. E così, man mano che i lavori procedono, i costi si gonfiano con ogni tipo di mezzuccio. Il punto è: quali mezzucci? E davvero, come racconta lei, la lievitazione delle spese procede di pari passo con la riduzione della sicurezza? E per quale motivo? Ecco, mi sarebbe piaciuto se la lettera di un esperto, in vena di sincerità, avesse raccontato queste cose. Invece, mi perdoni, mi pare che lei sia colto dall’evidente sindrome del «tutti colpevoli, nessun colpevole». Allargando a dismisura il cerchio degli imputati, di fatto, finisce per sciogliere le colpe dentro un vasto nulla. Non pensa che sia venuto il tempo della responsabilità? Chi sbaglia paga. Il costruttore? Il progettista? L’ispettore? Non lo so, ma non si può rispondere «tutti», per dire in realtà «nessuno».

Bisogna procedere con indagini precise e ricostruzioni circostanziate, come lei farà nel suo libro, probabilmente. Se trova un editore, lo leggerò volentieri. Spero solo che sia scritto meglio di quanto fosse scritta (in originale) la sua lettera.

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