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Scudo fiscale La metà dei capitali rientrati è approdata nel private banking

Il private banking italiano ha attratto 44 dei 95 miliardi di euro scudati dalle famiglie italiane, pari al 46% del totale. Di questi, l’85% sono stati rimpatri effettivi (fisici), il 12% rimpatri giuridici e il 3% regolarizzazioni. È questo il risultato di un sondaggio dell’Associazione private banking italiana (Aipb) tra i propri associati.
I 44 miliardi conquistati dal private banking italiano con lo scudo ter superano i 40,3 miliardi raccolti nel 2001-2003 nelle due precedenti edizioni dello scudo fiscale. La percentuale del settore Private sul totale dei capitali scudati scende però rispetto alle due precedenti edizioni (dal 55 al 46%). L’ufficio studi Aipb, stima che il restante 54% dei capitali si divida tra Sgr (15%), banche retail (27%) e fiduciarie (12%). Per quanto riguarda la tipologia dei rimpatri, l’85% è stato fisico, mentre il 12% è giuridico (i capitali restano di fatto all’estero).
Il fatto che i rimpatri giuridici ammontino solo al 12% del totale si spiega, secondo l’Aipb, con la probabile scelta degli investitori di rimandare «le situazioni più complesse e meno liquide» al 2010, a causa della brevità dei termini dello scudo ter.
I capitali scudati dal private banking sono per il 72% in denaro, per il 25% in attività finanziarie e per il 3% in investimenti di natura non finanziaria (tra cui opere d’arte e gioielli), e partecipazioni. Il taglio medio delle operazioni è stato pari a 600mila euro per le prime dieci strutture di private banking e a 730mila per gli altri operatori private. Il taglio medio per le operazioni attraverso fiduciarie di emanazione bancaria è stato di 1,2 milioni.

I clienti del private banking hanno inoltre «preferito rivolgersi a banche diverse da quelle con cui hanno rapporti abituali». I primi dieci operatori del settore, che gestiscono il 79% degli asset totali, hanno attratto solo il 47% dei patrimoni scudati.

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