A scuola da Bridget Jones Torna la sexy imbranata

Cinema, libri e tv celebrano il successo delle ragazze che non riescono a sedurre

Jane è una brava ragazza, è molto bella, è magra, è chic, è elegante. Ma socialmente è un disastro. È impacciata, imbranata, e (come se non bastasse) non ha idea di come conquistare un uomo. Morale: tutte le sue amiche si sposano, e lei niente. Lei si deve accontentare di fare la damigella (dunque la testimone di nozze) per ben ventisette volte. Di comprarsi ventisette (bellissimi) vestiti diversi. E di sentirsi dire per ventisette volte che le stanno d’incanto. È sempre pronta ad aiutare gli altri ma non sa aiutare se stessa. Ed è così sfigata che si fa soffiare da sotto il naso dalla sorella l'uomo di cui è segretamente innamorata. Jane, alias Katherine Heigl (la bella Izzie di Grey’s Anatomy) è la protagonista 27 volte in bianco, il nuovo film di Anne Fletcher (la regista di The Wedding Planner), che dopo aver incassato 60 milioni di dollari negli Usa, oggi esce in Italia.
Jane rappresenta la rivincita della sfigata, perché poi (ovviamente) il film ha un finale a sorpresa. Jane è una Bridget Jones rivisitata e corretta. Per questo in America è piaciuta tanto. Alzi la mano chi almeno una volta nella vita non si è sentita un po’ Bridget. Chi non ha mai avuto un complesso. Chi non si è mai sentita inadeguata in un mondo che sembra sempre più perfetto, ma che in realtà non lo è affatto. Perché alla fine le cose che contano sono altre, non certo la bellezza o la fortuna con l'altro sesso.
Torna dunque nel cinema, nella fiction e nella letteratura la figura della ragazza sfigata che si prende la sua rivincita grazie a un cuore grande (in fondo Bridget non era che questo: una pasticciona sovrappeso ma generosa e altruista). Non per altro la sceneggiatrice di 27 volte in bianco è Aline Brosh McKenna, la stessa de Il diavolo veste Prada. Anche lì, la protagonista Andy - Anne Hathaway - iniziava da sfigata per poi trasformarsi in una creatura divina sotto tutti gli aspetti.
E il mondo di Andy è lo stesso di Betty Suarez (al secolo America Ferrera, imbruttita per motivi di copione), volto della fortunata serie americana Ugly Betty. Anche Betty, come Andy, fa l'assistente del direttore di un blasonato mensile di moda. Solo che Betty è brutta, cicciottella, tarchiata e porta occhiali spessi e l'apparecchio ai denti. Una sfigata, insomma. Tanto brutta da stonare in un ambiente così perfetto, ma solo all'apparenza. In un ambiente di bellissime taglie 38 con un guardaroba da urlo ma prive di intelligenza, Betty riesce a farsi strada proprio perché sveglia, piena di risorse e di idee brillanti. E soprattutto ha un cuore. Come Jane e Bridget.
La storia di Alice invece è un po' diversa. Alice non è sovrappeso come Bridget o come Betty, ma è una cicciona. Non vive a Londra o a New York, ma in un paesino della Bassa. L'eroina brutta, anzi bruttissima del libro Le ciccione lo fanno meglio di Caterina Cavina (in uscita il primo aprile, editore Baldini e Castoldi) è alta un metro e 85 ma pesa 140 chili, vive in una provincia desolata, ha una madre che si imbottisce di Lexotan e una sorella dal fisico perfetto.

Circondata da spasimanti terrificanti e assurdi, Alice si lascia travolgere da un turbinio di avventure amorose (molto sfigate). Per scoprire - e farci scoprire - che ogni donna, bella o brutta o imbranata che sia, ha le proprie armi di seduzione. E può piacere anche così. Con il collo taurino e il «grasso arroccato in un bel gibbone».

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