Scuola italiana, i genitori dietro la lavagna

Caro signor Granzotto, ho assistito da spettatrice sgomenta al corteo degli studenti, l’Onda mi sembra si chiami, contro la riforma Gelmini. Hanno sfilato sotto le mie finestre sgolandosi, cantando e ballando sotto gli occhi compiaciuti di molti adulti che poi ho appreso essere professori e familiari degli studenti. Posso capire che i ragazzi si divertano a partecipare a un corteo che offre loro l’occasione di saltare un giorno di scuola. Posso anche capire quei docenti politicizzati che non hanno voluto rinunciare alla messinscena antigovernativa. Ma i genitori? Dovrebbero essere di guida e di esempio ai figli, mentre invece, in un perverso scambio dei ruoli, prendono esempio dai figli. Mi chiedo dove andremo finire.
Torino

Chi può saperlo, gentile lettrice? In tutte le classifiche, in tutte le graduatorie compilate a cominciare dall’Unesco, come livello di istruzione scolastica e cultura generale siamo piazzati nella parte bassa della lista, fra il novantesimo e il centesimo posto. L’inquietante fenomeno dell’analfabetismo di ritorno, noto a tutti, è scanzonatamente preso sottogamba anche da coloro che pongono la cultura in cima ai loro pensieri. Però i diretti interessati - studenti, docenti e parenti - scioperano e marciano perché tutto resti com’è, perché la scuola seguiti a essere una fabbrica di ciucci. L’importanza è che i ciucci portino a casa il «pezzo di carta». Anche se straccia. E qui faccio mio il suo giudizio: passi che a voler mantenere lo statu quo sia chi sta sui banchi o in cattedra. Difficile convincere qualcuno a rinunciare alla pacchia. Lo strano è che a battersi per farla perdurare siano i padri e le madri che ci si aspetterebbe invece premurosi nel voler assicurare ai propri figli il tanto invocato «futuro migliore». Stando così le cose verrebbe voglia di suggerire al ministro Gelmini di ripartire da zero. E prima di metter mano alla riforma della scuola si industri a riformare i genitori. È in questi giorni in libreria un librino, Tutta colpa dei genitori (Mondadori) nel quale l’autrice, Antonella Landi, «profe» di lettere nella scuola superiore, compila una diligente e impietosa tipologia dei babbi e delle mammà a colloquio con gli insegnanti e dunque alle prese con i risultati scolastici dei propri figliuoli (dei quali la «profe» fornisce il catalogo caratteriale).
È un libro che le consiglio e che consiglio ai lettori, abbiano o meno figli in età scolare. Si va dal genitore «assente» a «quello che chiama i carabinieri», da quello «Fosse per me!» a quello «ggiòvane», da quello «troppo studio fa male» a quello «arrogante» per passare a quello «che picchia gli insegnanti», che «fa sfoggio di cultura», che «si identifica col figlio», che si dichiara «tennologicamente iniorante», quello «spia» e quello «lasciamo che si esprimano». Ce n’è per tutti. E tutti, chi per un verso e chi per l’altro, acconsentono, accondiscendono: «le armi le hanno cedute ai loro figli». È dunque colpa loro, conclude Antonella Landi, «se, oggi più di ieri, i ragazzi studiano poco, studiano male, non studiano affatto. Se è impossibile parlare con loro, farsi ascoltare, stabilire le regole e farle osservare.

Finché i genitori non andranno nella stessa direzione della scuola e non combatteranno dalla stessa parte della barricata, le fatiche di tutti saranno completamente sprecate». Il vero riformismo è quello: riformare i genitori.

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