Scuolabus tagliati, a scuola in auto

I genitori sono pronti a pagare di più la retta, ma Palazzo Marino rifiuta e riduce i posti a disposizione. Mozione bipartisan in consiglio

Prima li hanno lasciati a piedi. Ora qualcuno è stato fatto risalire. Alcune decine di bambini sono state reintegrate, fino all'esaurimento dei posti liberi e solo per quest'anno, sugli scuolabus comunali milanesi, ma il risultato è una «vittoria di Pirro» come la definiscono le associazioni dei genitori. A pochi giorni dall’entrata in vigore dell’Ecopass pare ancora più paradossale che il Comune abbia ridotto il numero degli aventi diritto al trasporto pubblico scolastico, costringendo i genitori ad usare l’auto. Questione di risparmio, si dirà, dato che il servizio è oneroso: ogni mezzo costa 200 euro al giorno (accompagnatore incluso) e la retta (26 euro di iscrizione e poi in base al reddito da 5 a 30 euro mensili) ripiana solo il 10% dei costi. E invece no, perché il Comune ha rifiutato la proposta dei genitori di aumentare la retta e non ha ridotto i mezzi di trasporto in campo, ma solo i passeggeri. Il risultato? Spesso le auto dei genitori sono incolonnate dietro allo scuolabus che ha ancora alcuni posti liberi, ma i figli non ci possono salire. La ragione? Lo scorso autunno è stato aggiornato, dopo 15 anni, il disegno dei bacini di utenza, come a dire la geografia della città secondo la presenza di scuole sul territorio.
Il piano del Comune, che gestisce con mezzi Atm il trasporto di circa 900 bimbi fra primarie e secondarie, prevede che l’allievo possa usufruire del servizio scuolabus solo se dimostri un effettivo caso di bisogno (famiglia numerosa, entrambi i genitori lavoratori e via dicendo). «Non è quindi un servizio di trasporto nè un servizio offerto da una scuola, ma una richiesta che si inoltra in Comune», precisano da via Porpora, sede del settore comunale «Diritto allo studio». Inoltre il servizio mira a servire la scuola di «pertinenza», vale a dire più vicina all’abitazione dell’allievo. Ma i genitori non hanno mai preteso, abitando a Niguarda, di vedersi accompagnato il bimbo all’altro capo della città: lamentano piuttosto di avere appreso del nuovo piano solo ad anno scolastico iniziato. Con esiti paradossali: famiglie con più figli si sono viste confermare il diritto allo scuolabus per i più grandi e non al figlio minore. Capofila delle famiglie con «fratelli divisi» una mamma della scuola di via San Paolino che ha ben 6 figli: uno è rimasto a piedi. La sua protesta è arrivata fino al Tar che però ha rigettato in primo grado l’istanza. Molte le storie come la sua: Silvia Girolo aveva scelto per la sua bimba l'istituto di via Pescarenico perché la fermata dello scuolabus è a 50 metri da casa. In autunno la doccia fredda: la sua scuola di pertinenza è risultata un’altra, alla stessa distanza, ma addio scuolabus.


La protesta è arrivata qualche giorno prima di Natale fino al Consiglio comunale, con un mozione firmata da tutti i capigruppo di maggioranza e opposizione: «Se approvata - spiega Luca Salvi, portavoce dei genitori -, mirerebbe a disegnare un vero piano di trasporto scolastico e di mobilità collettiva».

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