Le scuole della capitale sono decimate. Il 12 per cento degli alunni degli istituti romani è a letto con febbre e influenza, ma sono molti di più quelli che «disertano» nel timore di contrarre il virus. Anche gli uffici pubblici iniziano a svuotarsi, mentre è psicosi sugli autobus e nella metropolitana. E non è ancora nulla: il picco pandemico deve arrivare.
«Stiamo monitorando continuamente le assenze nelle scuole - ha sottolineato lassessore alle Politiche Sociali Sveva Belviso - qualora registrassimo un picco di crescita superiore alla media stagionale possiamo prevedere di chiudere le scuole. Ma devono essere assenze per malattia e non per timore. Purtroppo ora avremmo bisogno della collaborazione della Regione Lazio, che in queste settimane è totalmente assente. Attendiamo i vaccini per gli insegnati, che non sono ancora arrivati. Ne abbiamo chiesti sessantamila per cercare di mettere a riparo docenti, autisti, operatori delle case di riposo e di accoglienza e tutti quelli che reggono i servizi cittadini. Se si ammalano loro e mancano dal posto di lavoro si rischia la paralisi».
Lunica arma che avrebbero schiere di soggetti a rischio per contrastare linfluenza A resta nei cassetti. E sulla questione è il solito «scarica barile». Nessuno vuole prendersi le proprie responsabilità nei ritardi sulla consegna dei vaccini, mentre aumenta di ora in ora il numero di persone che nel Lazio si rivolgono, a torto o ragione, agli ospedali.
«Le strutture sanitarie romane e regionali rischiano la paralisi - tuona Luciano Ciocchetti, segretario regionale dellUdc -. Governo e Regione assistono in silenzio allaumento incontrollato del virus. I due milioni di vaccini previsti per la regione, non sono stati consegnati nei termini previsti.
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