La scure di Marrazzo si abbatte sull’assistenza

Antonella Aldrighetti

La giunta Marrazzo accelera sulla riorganizzazione sanitaria e prospetta di passare al setaccio pure i protocolli assistenziali che diventano «alternativi». Chirurgia in ambulatorio senza ricovero, osservazione breve intensiva, ricoveri orari (6 e 12 ore) con tariffazione forfettaria, ospedali aperti solo nei feriali, trasformazione in presidi territoriali degli ospedali più piccoli, rimodulazione dell’offerta ambulatoriale pari a un presidio ogni 82.500 abitanti e rimodulazione dell’offerta riabilitativa al fine di razionalizzare la spesa a carico della sanità regionale. Ecco alcune delle tesi sul rinnovamento, anche se verrebbe da dire piuttosto «snaturamento», della rete ospedaliera laziale redatto dagli epidemiologi dell’Agenzia di sanità pubblica gomito a gomito con i tecnici dell’assessorato alla Sanità.
Certo che dopo i tagli all’offerta ospedaliera, pari a 3.059 posti letto in meno, arrivassero pure le imposizioni sulle metodologie di intervento sanitario se l’aspettavano in pochi. Eppure qualche accenno, nei mesi passati, Il Giornale l’aveva fatto. Già a marzo scorso si era accennato al Dpefr regionale che contava di eliminare 3mila posti letto negli ospedali pubblici. A maggio era stato sottolineato il tetto sulle prescrizioni diagnostiche. A giugno si è aggiunto delle prime limitazioni sui tempi di ricovero. A luglio sono uscite le prime indiscrezioni sulla rimodulazione globale dei servizi specialistici e ospedalieri. A ottobre infine si è ampiamente disquisito su un’ipotesi di ulteriori tagli ai posti letto, fino a sfiorare i 6mila, con la chiusura di 3 ospedali compresa l’immissione sul mercato degli affitti del nosocomio Forlanini. Oggi però, a piano ospedaliero ultimato, siamo dinanzi a qualcosa di più: il ritocco dei protocolli assistenziali, solitamente dettati dal ministero della Salute, che sfiorano a malapena il limite minimo dei cosiddetti livelli essenziali d’assistenza (Lea). Un esempio? Un intervento delicato come la circoncisione terapeutica verrà fatto in ambulatorio.
Lo scopo da conseguire, con questa rivoluzione sanitaria, ha come denominatore comune il risparmio sull’assistenza offerta in regime ospedaliero, anche se ciò comporta uno scialo nell’assistenza domiciliare. Ecco il perché: questa verrà fornita attraverso gli operatori delle cooperative sociali a un prezzo pressoché doppio rispetto a quanto costerebbe uno stesso infermiere strutturato delle Asl. Ma passiamo oltre. A fronte del taglio degli ospedali, «visto che le rilevazioni demografiche fanno emergere un calo di popolazione giovane nel centro città a fronte della crescita di popolazione giovane nell’hinterland» - così si legge nel piano - «si è resa necessaria la programmazione di interventi tesi a garantire per le Asl del Comune di Roma una riduzione di posti letto per acuti non di alta specialità. Tale intervento deve vedere il contestuale miglioramento dell’organizzazione dell’assistenza all’anziano, attraverso: l’incremento di hospice e residenze sanitarie assistite». In pratica in città si promuove la decimazione degli ospedali più piccoli in favore di quelli che, nel famigerato programma sanitario della giunta Marrazzo, vengono denominati «regimi alternativi» di assistenza.

Il risultato? Secondo l’Asp «il trasferimento in regime ambulatoriale di prestazioni erogate in regime di day hospital e l’accorpamento delle prestazioni ambulatoriali, fa stimare una riduzione di 90mila ricoveri all’anno. E oggi consiglio regionale straordinario.

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