Diagnosi di questo tipo impongono, non c’è dubbio, serie riflessioni. Senza indulgere a tesi esageratamente ambientaliste, che spesso sono iperboliche per meri interessi politici, Formigoni ha fatto ricorso al buonsenso, di cui i politici spesso difettano. Ha fatto una proposta semplice e ragionevole: regoliamo, ha detto, le nostre abitudini, diamoci autonomamente delle regole. Nel caso specifico, cioè, cerchiamo di tenere non troppo alta la temperatura dei nostri impianti di riscaldamento, quanto meno facciamo in modo che non superi i 22 gradi, come del resto stabilisce la legge regionale. Perché è chiaro che se teniamo surriscaldati gli ambienti in cui viviamo non possiamo che aspettarci polveri sottili che inquinano l’aria e la nostra salute.
Insomma, senza attendere che siano le istituzioni a imporci comportamenti logici, regoliamo spontaneamente la nostra vita. Diamoci, insomma, un codice etico innanzitutto. Il che vuol dire civismo, cioè senso dei nostri doveri di cittadini e sensibilità per le esigenze della comunità a cui apparteniamo.
Ci vorrà anche ben altro, si capisce, per affrontare e risolvere il grave problema dell’inquinamento (per esempio: impianti in regola, ridotta circolazione delle auto, ricorso alle targhe alterne, blocco totale almeno durante le festività), ma sarà un gran segno di civiltà e di coscienza civica se non mancherà il nostro contributo volontario, che peraltro sarà utilissimo innanzi tutto a noi stessi dal punto di vista sanitario e persino economico.
Per finire, ancora una breve riflessione. A chi appartiene la città in cui viviamo? Va da sé, a tutti noi.
Assumiamoci anche le nostre responsabilità.
Questo vool dire amare Milano. Il resto è retorica o demagogia.
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