«Arrivederci...». Silenzio. La commessa scuote la testa e si sfoga: «È tutta la mattina che io saluto e che nessuno mi risponde. La gente entra, guarda e poi se ne va. Cosa ci vuole in fondo? E poi dico di più. Mi capita spesso anche quando entro io come cliente in un altro negozio: saluto e trovo certe commesse che neanche si girano. Sembra quasi che dai fastidio». Diciamolo: ha proprio ragione, questo del saluto sta diventando un caso. Ricordate una volta? Ci si stringeva la mano, gli uomini alzavano perfino il cappello e comunque era tutto un buongiorno e buonasera. Adesso invece si studiano sempre percorsi alternativi: dal più classico «salve» che viene utilizzato quando si è in imbarazzo tra il tu e il lei, a gente che si lancia in un «allora?», fino ad arrivare a «novità?». Che diamine: quando ci saranno te le dico, se ho voglia. Senza dimenticare quelli che ormai dicono solo «ciao», come se fossimo tutti parenti stretti.
Poi, torni a casa e trovi quei vicini che fanno il percorso netto: li incontri la mattina niente, li incontri la sera niente, li incontri nel weekend niente. Quasi come se salutare sia diventato uno spreco di tempo. E allora poi finisce che alla decima risposta inevasa anche tu diventi uno di quelli che non saluta e la catena si allunga, inevitabilmente.
Insomma, per tornare a un minimo di convivenza civile basterebbe solo ricordarsi di essere educati giusto il minimo, perché poi sennò ha ragione la commessa di cui sopra: «Ma chi credono di essere quelli lì?». Già, anche perché quella lì è tutta gente che si dimentica una cosa fondamentale. Ovvero che prima o poi arriva il momento della buonanotte. E lì siamo proprio tutti uguali.
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