Se Celentano vuole fare pure l’architetto

Sembra incredibile ma è realtà. Per anni non si è parlato di architettura a Milano se non sulle riviste specializzate. I grandi lavori oggi in cantiere hanno messo in movimento una schiera infinita di personaggi tutti intenti a dire la loro, schierandosi da una parte o dall’altra, o per motivi politici, o per motivi professionali, o per il piacere di comparire, o ricomparire dopo tanto tempo in altri casi, sulle pagine delle cronache con tanto di ritratto. L’Italia è il magnifico Paese dove si dimentica tutto con la più grande facilità, ciascuno ricostruendosi una verginità in tempi incredibilmente brevi, e nel caso di cui parliamo personaggi noti oggi o ieri salgono nuovamente in cattedra per giudicare, disapprovare e ipotizzare soluzioni diverse su ciò che si va costruendo. Anche Celentano, con il suo attacco agli architetti, come se il loro lavoro consistesse nel costruire in proprio, ha detto la sua.


Non ci siamo proprio, e l’ultima è quella della discutibile nuova Bocconi, come sempre affidata a due architetti stranieri, a ribadire che quelli italiani non esistono. Vedi mai che Giuseppe Pagano, grande esponente del razionalismo, quando costruì la prima sede avesse un passaporto straniero?

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