Se D’Alema si è rimesso a complottare

Arturo Diaconale

O cretini o mascalzoni. L’alternativa è secca. Senza possibilità di deroga. Magari ipotizzando la presenza di sciocchi, ingenui, malinformati, imprudenti. Niente affatto: o cretini, o mascalzoni. Dal binomio non si scappa.
Lo ha affermato con la determinazione di sempre Massimo D’Alema a proposito di chi lo accusa di essere il regista occulto di tutte le manovre in atto in questo periodo all’interno del centrosinistra e dei poteri forti di riferimento della sinistra stessa. Dalla possibile scissione della Margherita in seguito alla rottura definitiva tra Francesco Rutelli e Romano Prodi alla scalata del Corriere della Sera da parte dell’immobiliarista Stefano Ricucci.
L’affermazione di D’Alema non ha suscitato stupore. Il Presidente dei Ds è noto per i suoi giudizi taglienti e le sue parole sferzanti. Applica alla lettera la tesi secondo cui solo un cattivo carattere consente di dimostrare di avere carattere. E ormai nessuno si aspetta dal «leader massimo» un comportamento diverso da quello che si è pazientemente costruito interpretando sempre e comunque la parte del «cattivo».
La mancanza di stupore, però, non ha fatto archiviare come scontata la sparata dell’esponente diessino. Anche perché D’Alema non se l’è presa con i consueti avversari del centrodestra ma con i più stretti alleati del centrosinistra. Chi è che da giorni va giurando che dietro il progetto attribuito a Romano Prodi di rompere la Margherita e dare vita ad una propria lista ci sia il presidente dei Ds? La risposta è semplice: i giornalisti di Europa, il quotidiano margheritino e gli amici di Francesco Rutelli. E chi va sostenendo da settimane e settimane che il «burattinaio» di Ricucci è D’Alema grazie agli stretti rapporti che il leader dei Ds ha stretto all’epoca della sua presidenza del Consiglio con alcuni ambienti bancari italiani ed europei? La risposta è altrettanto semplice. Si tratta sempre dei margheritini vicini a Rutelli, convinti come non mai che l’ex artefice del complotto che costò Palazzo Chigi a Prodi si sia rimesso a complottare per silurare questa volta Rutelli e la sua ambizione di trasformare la Margherita nella forza egemone del centrosinistra.
Chi sarebbero, allora, i mascalzoni e i cretini secondo Massimo D’Alema? Non gli avversari ma gli alleati centristi. E perché sarebbero tali? Perché, a detta dello stesso D’Alema, vorrebbero mandare all’aria il progetto dell’Ulivo di Romano Prodi senza sostituirlo con un disegno altrettanto valido.
Ma la spiegazione del leader diessino non ha convinto. La sua virulenza è apparsa eccessiva anche rispetto alla scontata sceneggiata del «cattivo baffo di ferro». Così che, invece di azzittire chi lo accusa di complottare ai danni di Rutelli, la sparata di D’Alema ha rinfocolato le polemiche e le illazioni. Adesso i «mascalzoni e i cretini» non si limitano ad accusarlo di manovrare Prodi e di essere il «puparo» di Ricucci. Dicono anche che alla base del complotto dalemiano contro Rutelli c’è il timore di vedere tramontata la leadership del «professore» sul centrosinistra. E, soprattutto, c’è il terrore di dover assistere all’avvento di Walter Veltroni come nuovo leader dell’Ulivo e futuro sfidante di Silvio Berlusconi.
Ma D’Alema se ne infischia. Ha convinto il «professore» a non spaccare la Margherita. E ha bloccato sul nascere l’operazione Veltroni.

Per il resto i «cretini» e i «mascalzoni» dicano quello che vogliono. Tanto non contano!

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