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Se al Ferraris saltano le zolle non è colpa del match di rubgy

Se al Ferraris saltano le zolle non è colpa del match di rubgy

Caro Massimiliano, l'anno, speriamo buono, inizia con una doverosa tiratina d'orecchie, perché il mondo del rugby non ci sta, né ad essere ritenuto colpevole, né ad essere definito minore o inutile. E per una volta si deve dar ragione all'assessore Guerello che spera di continuare la serie (in vero poco fortunata per i colori azzurri) del grande rugby a Genova. Se l'erba del LuIgi Ferraris è malconcia, se la rizollatura è stata fatta male, insomma, se la squadra di calcio cittadina e quella della delegazione si ritrovano a giocare, a settimane alterne, su di un manto erboso in condizioni indegne, la colpa non può essere certo di trenta «energumeni» che, una volta all'anno e per ottanta minuti, lì si affrontano a viso aperto. E questo non lo dice la nostalgia di un pessimo ex rugbista, lo dice la logica dei fatti.
Quanto poi a sminuire gli incontri di rugby che si sono tenuti a Genova, lasciati dire che è un grosso errore. Questi incontri non sono «amichevoli», guai a confondersi con il calcio, sono «test match»: incontri fondamentali per preparare la nazionale in vista delle competizioni internazionali. Genova ha sempre risposto con grande calore, e saprebbe rispondere di più e meglio se al Luigi Ferraris si disputassero alcune partite del sei nazioni. Questo è il vero sogno del rugby ligure, e leggerti infrangerlo per qualche zolla rovinata non può proprio andarci giù. Fai ammenda, te ne prego. Anche perché, storicamente, chi ha sofferto per «zolle rovinate», e sulla propria pelle, mica sotto la suola delle scarpe, sono esattamente i rugbisti, quanto meno quelli genovesi. Campi come il Lagaccio ed il Carlini non possono essere definiti in altro modo che infami, il primo era (è ancora?) una specie di rettangolo di carta vetro (altro che zolle), il secondo è un campo nato per tutto e buono per nulla, un vero campo di patate in cui l'erba latativa già ad inizio stagione.
Ma questo passava il convento, ehm, il Comune, e lì ci si allenava e si giocava. Allora l'erba del vicino era sempre più verde, anche perchè, tanto per incomiciare, i vicini l'erba l'avevano davvero (non mi riferisco ai campi di rugby di Recco e Cogoleto, ma a quelli fuori regione). Fuori Italia poi neanche a parlarne, ho sempre visto dei soffici biliardi verdi. Al punto che ho inziato a ritenere che il problema dell'erba fosse prettamente genovese. Temo che la situazione non sia variata granchè. Lo sport a Genova ha pochi spazi, che diventano necessariamente sovraffollati e di difficile ed onerosa manutenzione.

Anche per l'erba del Luigi Ferraris il problema resta solo un problema di soldi forse insufficienti, forse mal spesi. E pensare che mentre mancano le palanche per l'erba vera, quella dei nesci vuole costruire uno stadio nuovo...
Cari saluti

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