«Se il governo cade si va a casa non ce ne sarà un altro di sinistra»

Cesare Damiano avverte l’ala radicale che si appresta a manifestare sul Welfare: «Non si può essere all’esecutivo e anche in lotta. Alla politica gridata oppongo i fatti»

nostro inviato a Rimini
«Se si tira troppo la corda, alla fine si spezza. Se la corda si spezza il governo cade. E se cade questo governo non ce ne sarà un altro del centrosinistra». Il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, in una conferenza stampa al Meeting di Rimini, affronta di petto i contrasti che squassano l’Unione sul protocollo sul Welfare. E fa risuonare il suo allarme sopravvivenza.
Lo spunto è la manifestazione di protesta organizzata dalla sinistra radicale: una doppia parte in commedia che il ministro piemontese stigmatizza senza mezzi termini. «Quando si è in maggioranza non si può essere di lotta e di governo: è un controsenso manifestare contro se stessi, un’alchimia che non capisco. Quando si è al governo bisogna obbedire all’etica della responsabilità, alla collegialità e al gioco di squadra. L’Unione dovrebbe girare per le piazze d’Italia e dire alla gente le cose buone che questo protocollo di svolta contiene, non fare propaganda avversa perché è una palese contraddizione. Alla politica gridata e della demagogia - sostiene - io oppongo la politica dei fatti. La buona politica deve mettere al primo posto i fatti rispetto agli interessi dei partiti, e mi auguro che alla fine a prevalere siano proprio i fatti».
Damiano lancia dunque un “avviso” a tutti coloro che pensano a una modifica dell’accordo: «A ogni azione corrisponde una reazione. La manifestazione del 20 ha avuto come capolavoro la contromanifestazione. Il Parlamento ha la sua autonomia ma non si pensi che le modifiche possano andare in un senso solo».
Il ministro continua il suo affondo confutando alcune delle accuse che partono dal fronte della sinistra radicale. «Chi dice che non applichiamo il programma dice il falso perché nel programma dell’Unione non c’è scritto né di cancellare la legge Biagi né di tenerla così com’è».
Certamente, comunque, il governo farà di tutto per difendere il protocollo, definito ancora una volta da Damiano come «il migliore degli ultimi 25 anni».
«Rispetteremo nella traduzione legislativa lo spirito e la lettera di quello che abbiamo stipulato con le parti sociali – continua il ministro. Quello che mi preoccupa è che nella prossima Finanziaria ci sia tutto ciò che serve per tradurre il protocollo di concertazione che abbiamo siglato». Un impegno finanziario per il 2008 per tutto il pacchetto che va dalle pensioni agli ammortizzatori, che prevede una spesa di 2,5 miliardi di euro.
Se Damiano attacca, il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni apre uno spiraglio sulla sua possibile partecipazione alla contromanifestazione in difesa della legge Biagi, a patto però che il clima sia realmente bipartisan. «Mi piacerebbe andare alla contromanifestazione se vedo una realtà bipartisan» rivela. «Non condivido affatto le ragioni della prima manifestazione, sono molto vicino alle opinioni della seconda».
Tuttavia, «o l’iniziativa è davvero bipartisan e non serve alla contrapposizione politica, o altrimenti è dannosa come la prima».
Bonanni, quindi, difende strenuamente il protocollo del 23 luglio, che, avverte, non dovrà essere modificato. «Qualsiasi modifica, anche quella che interessa di più, dà l’illusione ottica di un beneficio ma rompe l’equilibrio e invalida tutto». Invece l’accordo «se condiviso va bene interamente, non ci si può scegliere quello che piace e quello che non piace».
In particolare il leader della Cisl difende la contestata norma sullo staff leasing che definisce «molto positiva, una forma avanzatissima che produce efficienza». Il timore di uno sfilacciamento dell’esecutivo c’è tutto dalle parti del sindacato. «Il governo ha il dovere di presentarsi al Parlamento con la stessa coesione con cui si è presentato alle parti sociali».

Anche perché «qualche piccolo cambiamento non basterà, perché chi protesta lo fa alla radice». La Cisl, prosegue, «non ci sta, non sarà d’accordo a che si cambi una virgola. Vedo troppe associazioni, anche imprenditoriali, che corrono su piste politiche. Chi ha orecchie per intendere intenda».

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