Se Hillary sembra Tutankamen

Sarà che a ridosso del Natale i buoni sentimenti sono tutto un bollore, sarà che in quanto a «impegno nel sociale» nel corso del 2007 sono stato un po' carente e sarebbe ora di recuperare, ma l'articolo di Vittorio Zucconi sulle rughe di Hillary Clinton, bè, mi ha toccato. E vorrei far qualcosa, vorrei consolarlo, tirarlo su di morale, poveretto. Ma sì, ma certo: la società moderna ci ha abituato a tutto facendoci un tantinello cinici. Però vedere uno grande e grosso come Zucconi disperarsi e metaforicamente strapparsi i capelli, leggere - sulle pagine della Repubblica (e dove, sennò?) - il suo straziante j'accuse indirizzato ai mascalzoni, ai maramaldi, ai fascisti-razzisti-sessisti che hanno diffuso una fotografia di Sua Grazia Democratica e Progressista Hillary Clinton al naturale e dunque sotto specie di vecchia befana, mette tristezza.

Che Zucconi se lo ritrovi spezzato, il cuore, è dimostrato dalla prontezza con la quale per difenderne le ragioni s'è messo sotto i piedi i valori deontologici che lo fanno - e fanno tutti i repubblicones - gli autentici campioni del giornalismo democratico. Valori che così possono essere riassunti: essendo l'informazione sacra, che quel che passa il convento - intercettazioni telefoniche, atti giudiziari secretati, immagini del Cavaliere con le girls sulle ginocchia - deve essere immancabilmente pubblicato. Perché con la libertà di stampa non si scende a compromessi. E chi lo fa è un gaglioffo. Però la foto della Clinton che pare la sorella di Tutankamen, no, quella non doveva comparire. Diffondere e commentare fotografie della Clinton che non si sia preventivamente spalmata due-tre etti di make up o scattate senza i «consueti filtri fotografici» (la famosa calza di nylon sull'obiettivo) è infatti, come afferma Zucconi, «una porcata». Anzi: «una autentica porcata». E come se non bastasse, «organizzata dal vasto complotto della destra» (l'italiano risulta sgangheratello, ma quando si scrive in preda all'indignazione, càpita).

Vittorio Zucconi, e in questo fa tenerezza, deve amare visceralmente la signora Clinton. Solo un amante reso cieco dalla passione può infatti sostenere che l'incartapecorimento della sua bella è faccenda passeggera, dovuta «al peso massacrante della campagna elettorale nel gelo dello Iowa». Condotta magari a piedi nudi, come la Piccola fiammiferaia. Solo un amante un po' nel pallone può denunciare con toni così isterici l'infamia perpetrata dalle «sturmtruppen repubblicane», dalle «radio spazzatura degli imbonitori», dai «settimanali famosi per le sensazionali bufale», dagli «organetti della destra più idrofoba», dai «boia chi molla bushisti», dalle «giovani propagandiste della Fox» (chi lavora per Murdoch non è un giornalista, ma un volgare propagandista) nel pubblicare uno scatto della Clinton non preventivamente passato al vaglio della sua, sua di lei, censura. Rendendosi così responsabili di lesa maestà o, zucconianamente, di «crassa e grassa volgarità iper sessista». Roba da sozza «politica da bovari che rivaluta persino lo squallore del teatrino italiano». Parole dure, che tradiscono la tormenta che sbatacchia l'animo di Vittorio Zucconi. Al quale, come promesso, vorrei far sentire il calore della mia solidarietà di collega (nel mio caso, di vecchio propagandista).

Ma la Hillary Rodham Clinton della foto incriminata fa proprio paura per

quanto è carampana e dunque non trovo le parole. Se non quelle, consolatorie, espresse da un noto adagio: «Ogni scarrafone è bello a mamma sua» (e ciò vale, mica siamo sessisti crassi e grassi, anche per la scarrafona).

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