Ragionando e discutendo sulle considerazioni finali del Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi è passata sotto silenzio una grave dichiarazione del ministro dell'Interno.
In un’intervista Giuliano Amato ha candidamente confessato che la sua amministrazione
ha 400 milioni di debiti, per la qual
cosa ha consigliato ai vigili del fuoco di non
pagare gli affitti degli immobili in uso per
conservare i pochi spiccioli per la benzina.
Sono mesi che sentiamo parlare di un realizzatorisanamentodeiconti
pubblici, di extragettito
fiscale, di tesoretto da distribuire,
ma nessuno spende una parola sul debito
sommersodello Stato. Tutti parlano,giustamente,
dell’economia reale sommersa che
produce una massiccia evasione fiscale,
maanessunosembrainteressarela quantificazione
del debito altrettanto sommerso
dello Stato, delle Regioni, dei Comuni, delle
Province e di tutte le loro «appendici» gestionali,
a cominciare dalla sanità. Sembra
assente la Ragioneria generale dello Stato e
la stessa Banca d’Italia che, con le parole di
Draghi, dà atto del miglioramento dei conti
pubblici, ignorando le gravissime dichiarazioni
di un ministro come Giuliano Amato,
non aduso a scoop mediatici.
Seil ministero dell’Interno ha 400 milioni
di debiti nonostante la delicatezza delle sue
funzioni, a quanto ammonteranno i debiti
complessivi delle amministrazioni centrali
dello Stato? Partendo dalle dichiarazioni di
Amato e considerando che sullo stesso piano
(400 milioni) c’è il ministero di Grazia e
giustizia, i debiti delle amministrazioni centrali
dello Stato ammontano a non meno di
3 miliardi di euro. E siamo ottimisti. Se a
questi si aggiungono poi i debiti dei Comuni,
delle Province e innanzitutto del sistema
sanitario regionale e del trasporto locale,
non siamo lontani dai 10 miliardi di euro
(0,6-0,7 per cento del Pil) di impegni finanziari
non onorati verso i fornitori, i proprietari
di immobili e i prestatori di servizi.
Dieci miliardi non pagati significa ridurre artificialmente
e nel silenzio contabile il fabbisogno
dello Stato, che è un dato di cassa. Meno si
paga, minore è il fabbisogno. E minore
sarà l’emission edi titoli di Stato a sua copertura,
mentre crescono le bugie sui conti
pubblici.
Ciò che poi rende il tutto insopportabile è
chequesto Stato applica ai suoi creditori un
criterio diverso quando essi diventano debitori
dell’Erario. In quel caso l’agenzia delle
entrate in poche settimane confisca conti
correnti, crediti e immobili con una efficienza
insospettata.
A nessuno sfugge che questo
doppiopesismo dello Stato e delle sue
articolazioni periferiche, a seconda se è creditore
o debitore, è un indice preoccupante
di una involuzione democratica che manda
a carte quarantotto la certezza del diritto
ed evoca nel cittadino e nelle imprese comportamenti
analoghi.
Naturalmente, la relazione del governatore
della Banca d’Italia non poteva scendere
in questi dettagli, ma la scelta di non pubblicare,
per la prima volta, insieme alle considerazioni
finali, il libro dell’appendice che
conteneva tutti i dati utili per meglio capire
l’andamento dell’economia reale e della finanza
pubblica, ci lascia perplessi. La pregevole
relazione di Draghi, forse perché
troppo stringata, ha lasciato a mezz’aria alcune analisi che aiuterebbero,
invece, la politica
nel definire le giuste risposte a quei
nodi dell’economia non ancora sciolti.
Un
esempio per tutti. È giusto dire che la domanda
interna è debole e che i salari sono
bassi. Se, però, non si dice che questo è il
frutto dellacarenzadi investimenti in ricerca
e innovazione per cui l’incremento di
produttività viene messo per larga parte
sulle spalle dei salari, si rischia difareancorauna
volta una scelta peruna politica della
domanda, piuttosto che una politica dell’offerta,
l’unica capace di coniugare, con
l’aumento di una produzione competitiva,
la crescita dei salari e dell’occupazione e il
risanamento dei conti pubblici.
Noi lo faremo senza pregiudizi, ma anche senzatimidezze, entrambivizi cheaffossano la qualità del ragionamento, come accaduto nell’occasione fin qui descritta sull’ignoranza del debito pubblico sommerso.
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