Se i nervi sfuggono alla telemetria

S i è lavorato moltissimo sull’elettronica, negli ultimi anni. E i risultati si vedono: il fattore umano è completamente fuori controllo.
Certo, la storia dello spionaggio tra McLaren e Ferrari, anzi, della McLaren sulla Ferrari, ha logorato l’ambiente. Dopo una vicenda simile - che tra l’altro ha chiaramente mandato fuorigiri lo stesso presidente della federazione, capace di ricorrere contro l’assoluzione da lui stesso praticamente concessa - servirebbe a tutti quanti un periodo di riposo. Per ricomporsi, per riprendersi. Ma in questo ambiente di superuomini non ci si può fermare nemmeno un attimo. Ci si ferma soltanto durante la corsa, per il pit-stop, l’unica zona della pista dove ormai si possa sorpassare. Per il resto, sempre avanti. Senza tregua, senza distrazioni, senza cedimenti. E difatti.
Eccoli all’opera nel week-end d’Ungheria, i robocop dell’alta tecnologia. Imperturbabili, ineffabili, pronti a sopportare qualsiasi soglia di stress e ad affrontare qualsiasi evenienza con lo stesso standard d’efficienza (più o meno, così si dice ai tavoli dei briefing). La Ferrari, il meglio del made in Italy, la migliore delle Italie possibili, si esprime al momento del pieno di Massa. Tutta una serie di studi per contare i millilitri necessari, non uno di più e non uno di meno, tutta una serie di test per portare l’equipe a travasare benzina e montare gomme nel minor tempo possibile, ed ecco la realizzazione pratica di tanto perfezionismo: un manipolo di poveri uomini in tuta che spinge all’indietro la macchina di Massa, rimasta senza benzina come certi nostri figli a corto di grana il sabato sera. Ammettiamolo: è tutto molto umano, quasi un rassicurante ritorno alla nostra naturale imperfezione. Ma nel suo genere, in questo contesto, è anche una bella e innegabile figura di.
Si potrebbe pure dire: è la componente dell’italianità, emotiva e istintiva, che qualche volta riaffiora e tradisce. Ma guarda caso i glaciali anglosassoni della McLaren sono pure peggio. Comincia Alonso: consigliato dal suo fisioterapista (italiano, questo è pur vero), si ferma quel minimo in più ai box. Neanche un’eternità: giusto i secondi necessari per tenere fermo dietro di sé il compagno Hamilton, come all’Autogrill quando nell’area fai-da-te quello davanti lascia la macchina mentre va alla casa, così da impedirgli poi l’ultimo giro di prova. In radio è tutto un incrocio di «che razzo (o mazzo, o pazzo) fa quella testa di razzo (o mazzo, o pazzo)!?!». Il capo Ron Dennis, il più gelido di tutti, lancia la cuffia contro i monitor, con impareggiabile self-control. Quindi va a strappare dalle orecchie la cuffia del diabolico fisioterapista, intimandogli di aiutarlo a tenere ferma almeno una delle due belve: tu pensa al tuo Alonso, io penso ad Hamilton, poi facciamo i conti...
L’epilogo è quanto di più lineare possa esprimere uno sport rigoroso e organizzato: alle dieci di sera tutti leggono una griglia di partenza con Alonso in pole-position, due ore più tardi i giudici comunicano che Alonso viene punito con cinque posizioni di arretramento (anche le punizioni: ma come se le inventano?), così che in pole parte Hamilton. Punizione accessoria: la McLaren comunque non potrà aggiungere punti nella classifica a squadre (?, ndr). E perché nessuno pensi che come giustizia sembra quanto meno un po’ ortofrutticola, punito pure Fisichella (ancora cinque posizioni di arretramento), lui per aver rallentato la travolgente corsa dell’incontenibile Yamamoto. Gelido e imperturbabile anche Briatore, team-manager di Fisichella, che incassa con commento prudente: «Siamo in mano a sprovveduti, gente che viene a vedere una gara e poi giudica»...
A occhio e croce, senza telemetria, sembrerebbe un delirio. Ma non è così.

Ci sono le più ampie garanzie. La situazione è costantemente sotto controllo: la Formula 1, come noto, controlla dallo schermo di un computer tutte le variabili in gioco. Al momento, è solo chi controlla il computer che risulta incontrollabile.

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