Cronache

Se l’arte comunica anche tramite transistor

Se è vero che qualcuno si è leccato i baffi di fronte al «Menù» proposto da il Giornale per l'inizio della sua «nuova stagione», quella autunnale, c'è qualcun altro che ha pensato di dare il suo contributo proponendo una nuova rubrica fra quelle «servite» dal quotidiano. Andrea Ruggero, il poliedrico artista del quale da più di due anni seguiamo le vicende, si è fatto avanti e, tra un quadro e l'altro, ha proposto la creazione della rubrica «L'angolo del laboratorio». A tal proposito, la scorsa settimana ha fatto giungere in redazione, con tanto di corriere espresso (lui è così, la sua musa non riesce mai ad aspettare), uno schema elettrico per un «Amplificatore valvolare». Ci si aspettava di trovare una serie di stampe, all'interno del bustone di cartoncino arancione a tasche. Invece, sotto lo scotch, soltanto uno schema disegnato a matita sulla parte interna di una busta stracciata, senza nessuna spiegazione. Unicamente la struttura dell'«Amplificatore» che, secondo le intenzioni dell'autore, potrebbe essere pubblicata nella rubrica a tema. Poi, un errore. Fermi tutti, l'amplificatore non funziona, ci dice Ruggero. Pronti via, nella busta del giorno seguente arriva una altro schema (quello nella foto). Sempre per riempire le colonne de «L'angolo del laboratorio», ovviamente. Questa volta si tratta di un «Condyl (trasformatore temporizzato)». Incomprensibile a chi non possieda almeno un'infarinatura di transistor e elettronica, riporta una nuova unità di misura: il Parsifal. Funziona, funziona. Lo assicura il nostro Archimede Pitagorico in prima persona. O meglio, il nostro Pico de Paperis, vista la spiccata inclinazione per la «tuttologia» del buon Ruggero, tale e quale a quella del dotto personaggio palmato e piumoso. Che, come lui, non smette mai di produrre. Tre progetti in tre giorni, recapitati a mezzo corriere, per non perdere neppure un minuto. Alla faccia dell'«Angolo del laboratorio». Qui ci vuole una parete intera. L'ultimo, in ordine di consegna, è un «Ciclostore». Che non è la proposta per l'inaugurazione di un negozio di biciclette dal nome anglofono. Stando alla dicitura accanto ai disegni, altro non sarebbe che «Un componente che immagazzina una frequenza così come il condensatore immagazzina una tensione». Ritorna così, Ruggero, con lo scatto che lo contraddistingue, ad occuparsi di fisica e scienza. «Torno al mio primo amore - ha confessato in una veloce telefonata che siamo riusciti a ”strappargli“ -. Dopo vent'anni di elettronica imparata sui banchi di scuola, sono cose che rimangono». Temi complessi, lasciati poi da parte per far spazio alla vena artistica, a quella voglia di crearsi e riflettersi in quadri ad olio, portati qui, in via Brigata, ancora freschi di potenza creativa. E profumati di colori ad olio. Il suo profilo psicologico (almeno quello che si è cercato di ricostruire attraverso i suoi numerosissimi invii), parla di «emergenza espressiva». I tratti sulla tela, sensibilmente cambiati nel corso del tempo, portano il marchio della ricerca: del proprio segno, del proprio modo di rendersi nel disegno, e, perché no, di una propria identità. «Non lascio l'arte - ha detto Andrea Ruggero - questa è solo una parentesi». In effetti, sul retro del progetto del «Ciclostore», non manca la bozza di una natura morta (bottiglia e bicchiere, un grande classico di Ruggero) a tempera. Arriveranno quindi nuovi quadri, nuove produzioni. E, forse, anche una raccolta delle sue opere. Sta cercando un editore, Ruggero, e sembra determinato a trovarlo. Ultimamente chiama in redazione ogni giorno, più volte al giorno. Non è da escludere che, prima o poi, ci scappi l'intervista. Non è ancora del tutto chiaro a cosa possano servire l' «Amplificatore valvolare» , il «Condyl», il «Ciclostore». Intanto, aspettiamo il prossimo invio. E poi, chissà..

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