da Nuoro
«Se Dina l'avessero sequestrata, almeno ci avrebbero lasciato la speranza di rivederla: avremmo dato i soldi ma almeno l'avremmo rivista. Invece ora abbiamo i soldi ma non lei».
Con la voce rotta dalla commozione e il viso solcato dalle lacrime, Francesco Rocca, 39 anni e marito della 38enne di Gavoi (Nuoro) trovata uccisa nel baule della sua auto due giorni fa dopo un tentativo di rapimento (?) ieri mattina ha voluto parlare con i giornalisti. Non ha lanciato accuse, non ha maledetto gli assassini della moglie, non si è scagliato contro le forze dell'ordine che solo dopo alcune ore hanno scoperto il cadavere della sua Dina dove nessuno aveva ritenuto di guardare. «Neanche io ci avevo pensato: chi poteva immaginarsi di cercare nel bagagliaio della Punto quando tutti pensavamo che se la fossero portata via?».
Il dentista ci tiene a difendere la professionalità degli agenti. «Non è il momento di colpevolizzare nessuno perché qui tutti stanno lavorando nel modo migliore possibile: ho molta fiducia in chi sta conducendo le indagini. Tutti facciamo delle ipotesi, ma ora è difficile stabilire cosa sia successo». Ma esclude la vendetta: «Non ci meritiamo qualcosa di simile».
Il marito di Dina Dore cerca di ricostruire anche i primi attimi dal suo ritorno a casa: «Ho visto la bimba che piangeva sola nel garage e due passanti mi hanno aiutato. Poi ho cercato Dina per tutta la casa, ma niente. E ho dato l'allarme». Suo padre, Tonino, ha detto che la donna potrebbe essere stata uccisa perché aveva riconosciuto qualcuno dei banditi. Ma anche in questo caso Francesco non vuole pensare che quel gesto da «belve» possano averlo compiuto suoi compaesani: «Non voglio credere che ad agire sia stata gente del posto. Gavoi è un paese tranquillo, fatto di brava gente».
Com'è innamorato della moglie che non c'è più, Francesco lo è anche del suo paese: «Io e Dina avevamo scelto di vivere qui, in questo posto meraviglioso, forse il più bello del mondo. Io da Gavoi non mi muovo, non saranno certo due balordi a farmi cambiare idea».
Poi c'è Elisabetta, la piccolina di otto mesi che suo malgrado ha assistito alla tragedia della madre: «Lei è l'unica che sta bene». Ma sarà difficile, tra qualche anno, spiegarle cos'è successo alla mamma quella fredda serata di inizio primavera.
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