Se l’economia riprende la moda italiana si mette subito in scia

di Raffaello Napoleone*

Per la moda italiana il 2011 è stato un anno a due velocità. Dopo una prima parte positiva e caratterizzata da buoni numeri per fatturato e soprattutto per export, la seconda metà dell'anno ha registrato un netto rallentamento delle attività che, chiaramente, andrà a pesare sull'entità della crescita su base annua. Le statistiche sul fatturato dell'industria italiana della moda, di cui quella toscana segue le dinamiche, mostrano con chiarezza che, appena l'economia riprende, la moda ne trae grande giovamento. È successo tra il 2004 e il 2007 e anche nella finestra della ripresa, iniziata a fine 2009 e durata sino all'estate scorsa, in cui il fatturato è cresciuto del 26%, con una rapidità e una dinamicità, che ha sorpreso molti osservatori. C'è di più.
La moda italiana è stata la più rapida in Europa a reagire, dopo la crisi del 2008-2009, perché è un settore competitivo e reattivo, in grado di rispondere efficacemente alla concorrenza internazionale. Per continuare a produrre reddito e generare ricchezza ha solo bisogno di un quadro macroeconomico non recessivo. Per i prossimi mesi, sia in Italia sia in Europa, sono fondamentali politiche che, non producano recessioni e cadute dei consumi. Parlando della Toscana, in particolare, in questa regione ci sono quasi 19mila imprese del settore moda, di cui oltre 11mila piccole realtà artigiane, organizzate in cluster locali, distretti che di fatto rappresentano un modello tra i più innovativi di organizzazione industriale. Il modello toscano consente di combinare flessibilità, elevata specializzazione e sfruttamento di economie esterne di scala. È inoltre uno straordinario motore che permette la circolazione e la diffusione delle conoscenze e dell'innovazione.

Oggi, le difficoltà maggiori per le nostre imprese sono legate all'accesso al credito bancario, alla mancanza di incentivi adeguati e sgravi fiscali per chi investe in innovazione e in formazione, a una certa rigidità che, ancora caratterizza il mercato del lavoro. Sono questi i fronti più caldi, su cui occorre intervenire.
*Amministratore delegato di Pitti Immagine

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