Se l’Europa esiste davvero non può limitarsi a dire no

Parli l’Europa, adesso. Trovi una soluzione, una via d’uscita, una strategia. Se i rom sono un problema, come è ovvio che lo siano da molti anni, allora adesso lo deve risolvere l’Europa. Perché la polemica tra la Francia e la Commissione Ue sui rimpatri dei nomadi lascia in eredità un impegno morale e politico: se non le va bene una legge che un Paese membro approva per la sua sicurezza, allora è Bruxelles a doversene fare carico. È finita l’era di un organismo sovrannazionale senza obblighi: se ha il potere di contestare un provvedimento di un Paese aderente, allora deve avere il vincolo politico di trovare una soluzione.
Adesso la questione è quella dei nomadi. Esiste e chi la nega o è in malafede o è cieco. La vivono l’Italia, la Francia, la Spagna, la Germania, la vivono anche la Romania e la Bulgaria che sono i Paesi dove l’etnia rom ha il suo ceppo più numeroso e da dove i nomadi spesso partono per gli altri Paesi. Non è un problema di cultura politica dei governi che amministrano questi Paesi, come qualcuno vuole cercare di dimostrare. Tre anni fa il ministro per la Solidarietà sociale era il comunista Paolo Ferrero: in un incontro bilaterale chiese alla Romania di varare un intervento per limitare l’afflusso dei rom in Italia. Anche quello, volendo, sarebbe stato un accordo contro i princìpi della libertà di circolazione dei cittadini europei.
Sarkozy e la Francia sono stati ovviamente più duri. Si può non essere d’accordo, certo. Si può anche criticare l’iniziativa francese, come no. Però poi? Poi in questa Europa c’è soltanto censura, biasimo, presa di distanza, punizione. La legge francese è stata definita una «vergogna» dalle autorità europee. Bene. Ma che cos’è un’istituzione che sa dire (...)
(...) soltanto no? È una vergogna anch’essa.
Se esiste, l’Europa deve fare qualcosa. Ha un governo, ha un parlamento, ha un bilancio, ha i soldi dei Paesi che la compongono e quindi dei cittadini che la abitano. Per loro e con loro, Bruxelles ha una responsabilità che non può più trascurare come ha fatto finora ritenendosi un’entità al di sopra di tutto e di tutti. Adesso anche la Germania avrebbe intenzione di mettere a punto un provvedimento per espellere o comunque allontanare i rom dal suo territorio. Sarà criticata anche Angela Merkel. Poi accadrà con un altro Paese, vedrete. Perché quello dei nomadi è un problema che segue le carovane di rom che si spostano per l’Europa: vanno in Belgio? Il Belgio si lamenterà. Vanno in Olanda? L’Olanda si lamenterà. L’Europa non può chiudere e girarsi dall’altra parte, non può parlare e basta. Pensa a una procedura di infrazione contro la Francia. Però la Romania non è mai stata punita, nonostante incentivi le uscite dei rom dai suoi confini, nonostante faccia vivere i suoi rom in ghetti che fanno vergogna. No, quella è «tradizione», giusto?
È solo la Francia a dover pagare. In castigo, come se avesse preso una nota di demerito a scuola. L’Europa sembra quel genitore che sa dire soltanto di no a un figlio. Il piccolo chiede di essere aiutato e si sente ignorato, poi quando trova una soluzione da solo, viene picchiato perché non va bene. Il papà si sente forte? O è soltanto un poveraccio che non sa fare il genitore? E poi: che cosa succede se gli altri figli appoggiano il ribelle? A quel punto è finita. Ora con la Francia si è già schierata l’Italia, arriverà la Germania, poi altri Paesi. Tutti i governi dei 27 membri dell’Unione hanno espresso solidarietà politica e personale a Sarkozy nel diverbio con la commissaria Ue per la Giustizia, che nei giorni scorsi ha paragonato la politica francese sui rom all’Olocausto. In ventisette contro una rappresentante di quegli stessi 27. C’è qualcosa che non va, evidentemente.
L’Europa va incontro al suo destino: il caso francese la mette di fronte a una responsabilità che prima non aveva. Facile legiferare sulla lunghezza delle zucchine o sull’incurvatura delle banane. Semplice anche imporre sanzioni per quote latte e agricoltura contingentata. Poi arrivano i problemi complicati: politici, sociali, economici.

Allora l’Ue scompare. L’unica cosa che sa fare è sanzionare chi non è in linea, come un dittatore che punisce gli oppositori. Come un professore che castiga gli alunni, ma non sa insegnare. Anzi, non può. Anzi, non vuole.

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