Guerra Libia

Se la Nato chiama non possiamo tirarci indietro

Quando l’Occidente si schiererà, non potremo evitare di fare la nostra parte. E il momento del giudizio per il Colonnello ormai è inevitabile. Ormai lasciare al suo posto Gheddafi sarebbe suicida, come lo fu con Saddam nel ’91. Senza un intervento Obama sa che la sua amicizia con gli arabi si rovinerebbe

Se la Nato chiama non possiamo tirarci indietro

Attenzione che la paura di appari­re come Bush non ci faccia diven­tare dei Chamberlain. Per ora, questo è il grande rischio di Oba­ma che a forza di cercare chiarez­za e legittimità ci fa sprofondare nella confusione. L’Europa, dato che la Francia e l’Inghilterra vor­rebbero una nuova risoluzione dell’Onu per autorizzare le opera­zioni, non aiuta a fare chiarezza. Ma c’è un punto solo che si distin­gue anche da lontano nella grande confusione concettuale e politica che circonda ormai la questione libica, ed è rosso sangue.

I ribelli libici non stanno vincendo, si può dire eufemisticamente: nelle battaglie di ieri Ben Jawad è stata presa, Misurata è circondata di carri armati di Gheddafi, Zawiyah sembra siastata bombardata dall’aria, e il pozzo petrolifero di Ras Lanuf è stato a sua volta preso di mira dai Mig del rais. Di Tripoli, casamatta del capo, non si parla nemmeno, se non per dire che la polizia di Gheddafi mantiene un rigido e minaccioso controllo della città. È senza dubbio un segno di debolezza dei ribelli, anche se le notizie non sono chiare, che essi abbiano proposto a Gheddafi di lasciare il Paese entro 72 ore in cambio della promessa di non venire processato. C’è chi invece ha fatto sapere che la proposta è di Gheddafi e che i ribelli l’avrebbero sdegnosamente respinta, ma questo non torna con la figura e le dichiarazioni del Pazzo di Tripoli.

Pure a casa nostra, comunque, regna la confusione, anche se si delinea una soluzione, la famosa no-fly zone, che potrebbe essere adottata dalla Nato. Preparativi sono già in atto. Al tempo della guerra alla Serbia,l’Alleanza Atlantica non ebbe bisogno del nulla osta del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il grande fantasma che invece si erge come l’ombra di Banco sulla strada di Obama. Proprio lui, il presidente che più di ogni altro ha interiorizzato, anzi, incarna l’antagonismo alla dottrina Bush e sa che per questo ha ricevuto un premio Nobel per la Pace ( che oggi pesa come una catena di piombo), sa benissimo che la sua amicizia coi popoli arabi, centro della sua politica estera, potrebbe essere rovinata dalla sopravvivenza politica di Gheddafi. Un Gheddafi furioso, che ha di nuovo il controllo della Libia, è un lusso che non ci possiamo permettere se vogliamo evitare rappresaglie sulla popolazione e chissà quali ricatti petroliferi. Molti ormai dichiarano realistica la no-fly zone. La Libia con Gheddafi sopravvissuto diverrebbe uno Stato isolato e dominato da un tiranno pieno di spirito di vendetta. Per riconquistare le province in armi, Gheddafi compirebbe una strage che il mondo non dimenticherebbe.

Gli Stati Uniti, la cui incertezza sta lasciando sempre più sorpresi e distaccati gli alleati e gli estimatori di un tempo, passerebbero alla storia come testimoni passivi di un probabile bagno di sangue. Robert Gates all’inizio si è dichiarato decisamente contrario a un intervento militare: «È una grande operazione in un grande Paese»; ma a Kabul, in una conversazione privata con il generale David Petraeus, che gli chiedeva se stava per lanciare una «specie di attacco contro la Libia», ha risposto: «Sì, esattamente». Dunque, probabilmente, se Gheddafi non viene fulminato sulla via di Damasco, qualcosa del genere dovrà presto avere luogo. E se la Nato chiama, nessuno potrà tirarsi indietro. Negli Usa il fronte interventista si è allargato dal repubblicano John McCain al democratico John Kerry mentre si cerca di assicurarsi l’appoggio della Lega Araba,sperando che l’Arabia Saudita, sempre molto prudente, stavolta si prenda la maggiore responsabilità.

Ma una no-fly zone vuol dire bombardare gli aerei del raìs a terra, neutralizzare tutti i sistemi antiaerei ormai molto sofisticati, essere pronti a colpire ogni velivolo che si alza. Senza pensare all’incerta sorte degli interessi petroliferi e di vario genere che fino a ieri erano tutti nelle mani di Gheddafi, e domani non si sa. Ma al di là di tutte le considerazioni pratiche e anche al di là delle istituzioni internazionali, che certo hanno una loro grande forza, esiste da una parte una tradizione wilsoniana americana e dall’altra un senso di colpa europeo che si sommano insieme rendendo indispensabile una scelta. Nessuno può ignorare che là c’è un dittatore che vuole mantenere il potere costi quel costi. Come Saddam e Milosevic.

Non è per moralismo che ricordiamo le stragi in Iraq e quelle in Bosnia, ma per non scordare che una serpe nutrita in seno ci ha morso e continuerà a morderci.

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