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Se ne va Nanni, «padre» del Vascello

Proprio nel cuore di Monteverde, a via Carini, sopravvive una delle più fulgide filiazioni dell’avanguardia teatrale romana degli anni Settanta. Si tratta del teatro Vascello. E da vent’anni a questa parte il nome della sala di via Carini è associata a quello di Giancarlo Nanni, attore, autore e regista teatrale che si è spento ieri mattina all’età di 68 anni. Nanni era nato a Rodi nel 1941. Padre italiano e madre greca, il futuro regista teatrale esordisce sulla scena romana nei primi anni Sessanta. Il suo debutto riguarda però le arti figurative. Influenzato da Marcel Duchamp e dai surrealisti, Nanni cerca fin da subito una originale commistione tra arti visive e scena. I suoi primi compagni d’avventure sono Aldo Braibanti, col quale dà vita a Virulentia nel 1967, e Valentino Orfeo, suo complice in Marcel Duchamp dell’anno successivo. Sempre nel ’68 nasce la sua prima «cantina». Il locale di Porta Portese viene chiamato «La Fede». Una sorta di laboratorio permanente dove sboccia anche il sodalizio artistico e sentimentale con Manuela Kusterman (allora soprannominata «la Duse delle cantine»). Galeotto fu Carmelo Bene, che sempre in quell’anno ritaglia per la giovane attrice una straordinaria Ofelia nel suo provocatorio Amleto. Capolavoro indiscusso di quegli anni, quasi un manifesto di quella corrente che il critico Giuseppe Bertolucci battezzò come «Scrittura scenica», è A come Alice del 1970, cromatica, libera, gioiosa e malinconica invenzione ispirata al mondo fantastico di Lewis Carroll (con, al debutto, Memè Perlini e Pippo Di Marca). Non a caso ripreso 25 anni dopo dallo stesso Nanni per rinnovare quello spirito creativo con giovani attori. Tanti i successi ottenuti in questo ultimo quarto di secolo. Autentiche pietre miliari del teatro di ricerca come Il risveglio di Primavera da Wedekind (1971) e Il diavolo bianco di John Webster (1973). Da allora si contano una quarantina di spettacoli, più o meno felici, ma che nascono dall’impronta lasciata da quanto sperimentato con quelle prove. Tra le esperienze successive segnaliamo Amleto (1975) e Casa di bambola (1980), il primo, sfida a uno dei pilastri del grande teatro tradizionale, con la Kustermann nei panni del protagonista, il secondo con alcune grandi intuizioni, come la scena, la casa di Nora che alla fine va restringendosi (220 recite in tutta Italia). Tra i suoi maggiori successi anche Il gabbiano di Anton Cechov che debutta nella sala di via Carini nel ’98 e che viene applaudito nel 2000 anche in Giappone e a New York.

«Roma oggi rimpiange Giancarlo Nanni - commenta Umberto Croppi, assessore alle Politiche culturali del Comune di Roma -, il suo talento e la sua vocazione di artista moderno e non conformista». La camera ardente è allestita nel suo teatro di via Carini. Domani alle 14.30 nella chiesa degli artisti di piazza del Popolo le esequie.

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