Se persino il centravanti smaschera Patroni Griffi sulla casa al Colosseo

L'ex azzurro Delvecchio attacca il ministro: "Solo io ho comprato lì a prezzo di lusso". Profumo non risolve il nodo del doppio incarico. E stabilisce i fondi da dare al "suo" Cnr

Se persino il centravanti smaschera Patroni Griffi sulla casa al Colosseo

C’è il ministro che controlla se stesso e il ministro che ha compra­to a prezzi stracciati una casa con vista sul Colosseo. Chiuso con le dimissioni il caso Malinconico, il governo Monti è inciampato di nuovo e si trova ancora alle prese con i guai e le disavventure dei suoi componenti. Nel mirino c’è, come ha raccontato il Giornale , il doppio ruolo di Francesco Profu­mo, contemporaneamente titola­­re dell’Istruzione e presidente del Consiglio nazionale delle ricer­che, insomma controllore e con­trollato; e poi si trascina la sempre più imbarazzante saga che ha per protagonista il responsabile della Funzione pubblica Filippo Patro­ni Griffi, il consigliere di Stato in aspettativa che alla fine di una lun­ghissima guerra ha comprato un appartamento di 109 metri qua­dri catastali nel cuore di Roma per 177 mila euro. Nei giorni scorsi è uscito ala scoperto persino un ex calciatore come Marco Delvec­chio, attaccante dalla carriera glo­riosa e dal curriculum scintillan­te: Roma, Inter e nazionale. Del­vecchio deve aver letto una delle numerose puntate che si susse­guono senza soluzione di conti­nuità sui giornali, intasati dalle tormentate dichiarazioni e dalle interviste riparatrici di Patroni Griffi che un giorno sì e l’altro pu­re continua a ripetere: «Non sono un furbetto, ma col senno di poi non acquisterei più quell’abita­zione».

Il campione, che aveva piedi buoni ma anche un cervello fun­zionante, deve essersi fatto due calcoli e all’agenzia Ansa ha di­chiarato senza tanti giri di parole: «Sono l’unico che l’ha pagata co­me un casa di lusso, non a prezzi stracciati». Delvecchio non rivela la cifra esatta sborsata per entrare nell’appartamento, ma certo la le sue parole non aiutano Patroni Griffi che al termine di una lunga marcia fra Tar, Consiglio di Stato e Corte costituzionale, ha spuntato lo strabiliante prezzo di 1630 euro al metro quadro. Patroni Griffi si è giustificato spiegando di aver solo condiviso la scelta dei condomini di far valere i loro diritti e di non aver giocato una sua personale partita da privilegiato. Ma la so­st­anza non cambia e qualche gior­no fa anche la procura di Roma ha deciso di vederci chiaro e ha aper­to un’indagine, raccogliendo anzi­tutto il corposo album di articoli pubblicati un po’ da tutti i giornali sulla cessione del palazzo ex Inps. Per il Governo dei tecnici, sobri e puri per definizione, non è una bella pagina. E l’opinione pubbli­ca si chi­ede come sia possibile arri­vare a quella stupefacente conclusione: un immobile situato in un punto strepitoso della capitale svenduto come nemmeno ai sal­di. E classificato come popolare anche se forse non lo era.

Certo, i tecnici hanno un basso profilo ma anche smisurate ambi­zioni. E qualche volta si sono incol­lati alle poltrone. È quel che è suc­cesso a Francesco Profumo, a ca­po d­i un segmento dello Stato deli­catissimo e strategico come l’istru­zione.

Piccolo particolare, Profu­mo non ha lasciato i vertici del Cnr. Si è autosospeso, insomma non ha tagliato i ponti con l’istitu­zione ma ha cercato una soluzio­ne provvisoria e forse per guada­gn­are tempo ha chiesto una pare­re all’Antitrust.

Francamente l’at­taccamento al posto­è inspiegabi­le e cozza contro tutte le regole del­la buona amministrazione.

C’è an­zitutto un’incompatibilità che porta dritti alla legge sul conflitto d’interessi. Ma questo è il guscio della questione, poi c’è l’aspetto più problematico: il ministero ha una diretta competenza sul Cnr, ha poteri di vigilanza e nomina e stabilisce i finanziamenti che toc­cano all’istituto. In sostanza, se dovesse dimettersi, l’onnipresen­te Profumo svolgerebbe tre parti in commedia: sarebbe lui, come presidente del Cnr a gettare la spu­gna, sempre lui, come ministro a raccogliere l’addio e ancora lui a nominarne il successore.

Per il governo, che predica la mi­sura e chiede sacrifici, non è il mas­simo. Non si capisce perché Profu­mo si sia arroccato nell’indifendi­bile difesa del suo doppio incari­co. E non è chiaro nemmeno per­ché il premier non sia intervenuto subito per bloccare Profumo. Monti si è dato da fare solo per tap­pare­la falla aperta da Carlo Malin­conico che si era concesso vacan­ze su vacanze in un resort dell’Ar­gentario, lasciando il conto agli amici della “cricca”.

Alla fine Mon­ti ha incontrato Malinconico, or­mai attaccato da tutti i giornali, e il sottosegretario si è fatto da parte. La navigazione dell’esecutivo pe­rò non è tranquilla. Ci si aspetta un passo indietro da Profumo. E si attende il responso della magistra­tura sulla casa al Colosseo.

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