Chi conosce Paolo Costa, mi assicura che - dal punto di vista personale - è anche una persona molto educata e competente. Ma, ovviamente, non è qui il punto. Non solo, perlomeno.
Il punto è che la proposta del sindaco Marta Vincenzi che punta tutte le sue carte per la scelta del nuovo presidente dellAutorità Portuale su Paolo Costa significherebbe lingresso a piedi uniti della politica nella gestione delle banchine genovesi. E questo, al di là della competenza della persona, che è stato anche rettore dellUniversità veneziana, non può andare bene.
Non sfugge a nessuno che il nome di Costa è uscito - con una delle solite sortite mediatiche con lanteprima alluno o allaltro giornale genovese (mai al Giornale, evidentemente troppo cattivo nei confronti della giunta e del sindaco) - proprio nel momento in cui Marta Vincenzi incontrava Romano Prodi. E Costa è prodiano al midollo: ministro dei Lavori Pubblici nel primo governo di Romano, sindaco di Venezia dal 2000 al 2005, eurodeputato dellAsinello dal 1999 al 2004 e attualmente ancora europarlamentare, eletto nelle liste dellUlivo e presidente della commissione trasporti di Strasburgo e Bruxelles, oltre che cento altre cose, compreso il ruolo di commissario straordinario del governo Prodi per lampliamento dellinsediamento militare Dal Molin a Vicenza.
Insomma, nemmeno con tutti i funambolismi dialettici vincenziani si potrebbe definire Costa come un tecnico sganciato dalla politica. E cè di più: è un ottimo conoscitore delle problematiche dei trasporti, ma soprattutto di quelli del Nord-Est. Perchè portarlo al Nord-Ovest, le cui dinamiche sono esattamente opposte? Si potrebbe mandarlo allAuthority di Trieste, tanto per dirne una.
Se queste sono le alternative, viva viva per tutta la vita Giovanni Novi, che può sbagliare e magari ha anche sbagliato.
Certo, Paolo Costa ha dato la disponibilità ad impegnarsi a Genova, «un onore degno anche di qualche sacrificio personale». Ecco, fosse per me, io gli eviterei anche questo sacrificio.
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