Se pure la scuola fa il tifo per l’eutanasia

Era da tempo che l’opinione pubblica non rifletteva e non si divideva su un problema fondamentale dell’esistenza come è quello sollevato dalla tragica storia di Eluana. Era anche da tempo che i mezzi di comunicazione non affrontavano una questione di etica di enorme rilevanza muovendo da un caso specifico e non da principi astratti, facendo discutere le persone, obbligandole a uscire dall’indifferenza e prendere posizione.
In questa opportuna, generale mobilitazione delle coscienze, si è trascurato ciò che sta accadendo nelle scuole, «trascurato» nel senso che non si tiene conto del tipo di informazione che su un problema tanto delicato viene dato ai nostri ragazzi.
Un articolo di giornale, un dibattito televisivo sul caso Englaro rendono pubbliche delle opinioni che possono, volendo, essere conosciute e giudicate da tutti. Se, insomma, qualcuno dice o scrive una castroneria, si diletta a provocare, le sue parole in televisione e le sue frasi sui giornali sono sottoposte a un controllo pubblico che chiunque potrebbe riprendere, criticare, censurare. Quello che l’insegnante dice a scuola, no. E il suo potere di orientare e disorientare i giovani, che notoriamente non leggono i giornali e non seguono gli approfondimenti dei notiziari televisivi, è enorme. C’è una parte fondamentale della società, quella formata dagli adolescenti, che riceve su un problema cruciale della nostra civiltà una informazione di cui non sappiamo assolutamente nulla per ciò che riguarda la competenza e l’onestà. Naturalmente la questione non si porrebbe se noi avessimo fiducia nella scuola (pubblica) e fossimo certi che i nostri ragazzi sono nelle mani di veri professionisti. Ma qui casca l’asino.
Innanzitutto, chi ha un minimo di conoscenza di ciò che accade in questi giorni nella scuole, sa che il tema Englaro è all’ordine del giorno. Meno male: ci si interessa di cose serie. Come? Anche qui, chi ha un minimo di conoscenza di ciò che si dice a scuola (perché riesce a farselo dire dai propri figli), se rimane perplesso o preoccupato è già fortunato. Il caso Englaro sta diventando un fatto politico che separa i molti progressisti intelligenti, eticamente ineccepibili che sono per la morte della ragazza dai pochi bigotti reazionari nemici della scienza e del progresso che sono per la vita.
Inutile dire i conflitti che questo modo di affrontare il problema sta generando all’interno delle famiglie: ma ci potrebbero stare anche questi. La scuola, per vocazione, dovrebbe formare la criticità delle coscienze, e non si vede perché un giovane non possa essere in disaccordo con la sua famiglia. Il dramma è che gli insegnanti nella stragrande maggioranza dei casi non sono all’altezza del loro compito e, in particolare, di un compito tanto delicato come quello di spiegare il valore della vita di Eluana.
I genitori che si interessano dell’educazione dei figli di fronte a piatti, banali indottrinamenti come quelli occasionati dalle discussioni a scuola sul caso Englaro sono totalmente disarmati. Se, per esempio, mio figlio torna a casa e mi fa sapere che il professore gli ha detto che le foibe sono fenditure nelle rocce carsiche e nulla più, e magari mi mostra che anche il suo libro storia afferma le stesse cose del professore, ho strumenti per intervenire, per circoscrivere il fatto storico, per correggere. Chi segue l’istruzione dei propri figli è al corrente di quanta ideologia vetero comunista siano impregnati i libri di scuola, scelti da insegnanti che fanno fatica ad abbandonare quelle nostalgie ideologiche. E quindi questi genitori sono anche abituati a raddrizzare la barra del timone: poi, comunque, sarà il ragazzo che dovrà pensare con la propria testa.
Il problema della vita o della morte di Eluana è diventato nelle scuole nuova materia di scontro ideologico e non occasione di attenta riflessione etica. Proprio questo fatto punta il riflettore sul vero problema dell’istruzione pubblica che, da giornali e televisione, è totalmente spesso deformato. Sembra che il vero problema della scuola sia quella percentuale di giovani che delinque: su questi farabutti che ammazzano e stuprano è facile fare una trasmissione televisiva. Ma il messaggio che esce è falso: sostiene che basta portare nei ranghi quei delinquenti, e il problema della scuola è risolto.
Il problema è invece cosa si insegna a scuola a quella stragrande maggioranza di studenti che la frequenta più o meno disciplinatamente. Il problema è chi sono i professori, come viene controllata la loro preparazione, come vengono reclutati.

Invece di interrogare per strade e giardinetti pubblici i ragazzi drogati e alcolizzati che marinano la scuola si vada a fare un’inchiesta nelle classi per sapere com’è affrontato il caso Englaro, e allora si capirà in quale situazione è l’istruzione pubblica e quale disastro sta producendo nella coscienza dei giovani.

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