Se quelli di sinistra scoprono di essere diventati Calderoli

Una lettera scatena un forum anti immigrati sul sito di «Repubblica»

Fantastico, meglio di cento Ballarò, di un rapporto Istat, di quaranta reportage di Annozero, non si era mai vista una sintesi così fulminante dello scollamento della famosa gente dalla politica, non si era mai visto un esempio migliore dell’incomprensione civile e semantica che passa tra il Paese reale e la sinistra irreale, insomma, traduzione: un affezionato lettore di Repubblica, visceralmente di sinistra, si rivolge alla rubrica di Corrado Augias e scrive una lettera formidabile sul tema del razzismo e dell’immigrazione, problemi insomma quotidiani e sentiti: e Augias, uno che dovrebbe avere il polso al Paese, gli risponde direttamente dagli anni Ottanta.
Il lettore di Repubblica, ieri, palesava un terrore: forse sta diventando razzista o almeno di destra. Un problema che molti italiani hanno risolto nel seguente modo: in infinitesima parte diventando razzisti, in fisiologica parte diventando xenofobi, in buona parte diventando di destra e ancora in buona parte, sul tema, fingendo di essere ancora di sinistra. L’archetipo di quest’ultima scissione morale è incarnato appunto da questo 49enne di Roma, un signore che lavora al Quirinale e che si chiama Claudio Poverini. Non difetta di nulla: ha studiato, legge libri e quotidiani, s’interessa di politica, guarda Ballarò, cerca d’insegnare ai figli la tolleranza e la nonviolenza, cerca di scacciare i fantasmi del nulla e dell’apparire, insomma è fradicio di sinistra ed è stato persino candidato nella lista romana di Veltroni, perfetto, anzi no, perché scrive: «Sto diventando un grandissimo razzista e non riesco a sopportarlo».
Sicché giunge semplicemente a chiedersi: e se certe cose le facesse lui? Se stuprasse una giovane araba alla Mecca? Se a Bucarest avesse accoltellato un giovane romeno solo per una spinta ricevuta? E che dovrebbe fare coi nomadi che bastonano le immigrate che non vogliono prostituirsi, che sbattono i bambini in strada? Che mandano a scuola i figli coi pidocchi? E perché, se chiede l’espulsione dei ladri e dei violenti, «vengo accostato a Eichmann?». Ma quale Eichmann: a Roberto Calderoli, alla Lega, alla destra in generale, all’intolleranza, alla xenofobia, al razzismo, ai fantasmi. Ora il suo sindaco e il suo prefetto fanno quello che Gianfranco Fini propose nel 1993: spostare i campi nomadi fuori Roma. Ma guai a protestare con le ronde e con le fiaccole: si grida al ritorno delle camicie brune. È un uomo, Poverini, che vede crescere l’intolleranza e ne teme le braci, sa che anche a sinistra la pensano in tantissimi come lui e però vede, sopporta, vive sulla propria pelle, non capisce, non comprende per esempio perché si dovrebbe dare il voto agli immigrati dopo 5 anni di permanenza, ciò che in nessun grande Paese dell’Europa occidentale avviene, non comprende ciò che purtroppo è drammaticamente chiaro a una larghissima parte del Paese. Una parte di lui recita ancora che ci sia un prezzo incondizionato da pagare al multiculturalismo, che diventare fascisti sia un attimo.
E mentre Nicolas Sarkozy sbanca la Francia parlando anche di questi temi, ecco che su Repubblica risponde il sempre attualissimo Corrado Augias, un uomo che sul tram descritto da Claudio Poverini c’è salito forse una volta negli anni Cinquanta: «Dobbiamo avere il coraggio di dire che non è più di destra ammettere che la criminalità e il disordine sociale rappresentano un problema grave per l’equità della nostra convivenza». Ecco: lo si dovrebbe dire, per cominciare. Augias se l’è segnato sull’agenda. Se in certi quartieri non si può uscire la sera, anzitutto, novità, va detto: i milioni di elettori di sinistra che la sera si limitavano semplicemente a non uscire più, da anni, ora sanno che potranno dirlo. «Non è di destra reclamare una cultura della legalità che valga per tutti», rivela. Non è di destra. E non è neanche incredibilmente ovvio, macché. Occorrerà pensarci, ma se altri intanto azzardassero delle proposte guai, attenzione, si rischia il fascismo: «Non si possono lasciare impegni così delicati alla destra, che li assolverebbe a modo suo, con brutalità cieca», spiega Corrado Augias prima di aggiungere un’altra zolletta nel tè.
Bisognerà dire, bisognerà fare: e nell’attesa eccoti allora il decreto sull’immigrazione firmato da Giuliano Amato e Paolo Ferrero. Via il contratto di soggiorno, flussi migratori ogni tre anni, permessi d’ingresso più semplici, smantellati i centri di permanenza temporanea, rivisti quelli di accoglienza, e tante altre idee preveggenti. Pazienza se persino l’acclamatissimo Zapatero ha fatto sparare ai clandestini che cercavano di entrare nelle città di Ceuta e Melilla, e mandato navi a fermare i disperati che dalla Mauritania tentavano di raggiungere le Canarie, poi annegati a centinaia. Pazienza se persino a Sassuolo, nella rossa Emilia, tempo fa si è scatenata una sorta di caccia al marocchino.

Pazienza e pazienza, occorrerà pensarci, bisognerà cominciare a dirlo: il problema esiste, assicura Augias. Ci associamo e lo ripetiamo: il problema dell’immigrazione clandestina e non clandestina, in questo Paese, esiste. L’abbiamo detto, l’abbiamo ripetuto anche noi. Ancora del tè, per favore.
Filippo Facci

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