Se il regista di culto ha licenza di stupro

La morale non è uguale per tutti, adesso gli intellettuali si mobilitano per il famoso cineasta ma stanno zitti se ad avere guai con la legge non è un artista. Se poi è un prete, c'è il linciaggio

Se il regista di culto ha licenza di stupro

Roman Polanski è un grande artista di cinema, ne sono sicuro. Ma è anche uno stupratore di minorenni. Lo ha confessato lui. Un pedofilo professante: quando aveva 46 anni, si è preso una ragazzina di tredici. Lui famoso, lei nessuno. L’ha fatta sua «con uso di stupefacenti, perversione e sodomia», come testimoniò la ragazzina. Prima di essere ammanettato per ordine del Tribunale di Los Angeles fuggì. Ora è stato arrestato in Svizzera e l’avvocato ne chiede la liberazione supportato dalle proteste di ministri, attori e cineasti. Dicono: roba di trent’anni fa. Che sarà mai. Mi immagino se la stessa vicenda avesse avuto per protagonista un muratore, un boxeur o - oddio - un prete. Ecco, un prete. Ci sarebbero comitati fuori dal Vaticano, scorribande di firme famose per metterlo di fronte al suo schifo. E sarebbe - dinanzi a un reato acclarato e a una fuga da vili - persino giusto. In questi anni abbiamo visto non tanto campagne contro sacerdoti rei confessi, ma attacchi indiscriminati alla categoria in tonaca sulla base di sospetti e accuse non vagliate. Va così. Basta che qualcuno alzi un ditino, e il sacerdote può aver salvato migliaia di persone dalla droga e dalla criminalità, ma è morto. Finito. Sia chiaro: qui parliamo non di condanne passate in giudicato, ma di indagini e di processi in corso: se toccano un sacerdote è immediatamente murato vivo, anche i garantisti spariscono. Persino il Partito radicale, che osannò e osanna Pasolini frequentatore di ragazzini, ha militanti specializzati nel costituirsi parte civile purché l’imputato gestisca un oratorio. I magistrati in questi casi buttano via la chiave. Conosco un caso a Roma. Riguarda un sacerdote. Per me è innocente (si chiama don Ruggero Conti, ha scritto splendidamente della sua vicenda Gian Micalessin sul Giornale); ma quel che più conta è innocente per la legge italiana non avendo alcuna condanna, eppure sta in carcere in condizione di rischio altissimo per la salute, non gli danno nemmeno gli arresti domiciliari, una forma di tortura inaccettabile. Tutti i quotidiani compatti. Titoli di scatola denigratori. Saltano fuori prove a discarico? Tutti zitti. Santoro dedicò una puntata ai preti pedofili (sotto accusa finì anche Ratzinger).

Polanski? È reo confesso, pensando di scampare il carcere. È scappato quando ha compreso l’impossibilità di farla franca. È stato accolto in Europa come un povero perseguitato dalla moralista America. Un magistrato di Zurigo applica un mandato di cattura internazionale come per qualsiasi ometto del globo. Sollevazione a difesa del Genio. E la Svizzera si arrende alla pressione della lobby più stupida e più potente del mondo: quella del cinema.

Ribadisco. Polanski, a giudicare dal suo comportamento, è contemporaneamente un artista capace di capolavori e un uomo di palta. Esagero? Sono veri per me entrambi i fatti. E allora diamogli un Oscar e anche la galera. Non si capisce perché le due cose siano incompatibili.

Il pugile Tyson era un artista del ring, poi ha stuprato una donna. Nessuno ha detto: è un pugile meraviglioso guai se finisce in cella. Si è fatto i suoi anni in divisa arancione. Si è allenato nella palestra del penitenziario. La vita in uno Stato di diritto è così. Se sbagli paghi, non ci sono immunità per gli intellettuali o per i geni. Anzi proprio perché i citati chierici della cultura sono dotati - si presume - di maggior coscienza, intuito, amore per la bellezza sono meno giustificabili quando stuprano le ragazzine (a 13 anni è stupro, il codice una volta diceva «stupro presunto». Io direi: pedofilia infame).

Tutti d’accordo? Invece no. Come è noto e com’era prevedibile. Trascrivo. Costa Gavras, Wong Kar Wai, Monica Bellucci e Fanny Ardant (quella che ha giustificato le Br) stilano un comunicato: «È inammissibile servirsi di un evento culturale a carattere internazionale in omaggio a uno dei più grandi registi contemporanei per arrestarlo». Il regista Andrzej Wajda e altri suoi colleghi polacchi hanno lanciato un appello agli Stati Uniti, alla Svizzera e alla Polonia per rimettere in libertà Polanski. Mi spiace ci sia anche Wajda, ma dev’essere solidarietà di cineasti polacchi. Uno potrebbe dire. In fondo sono passati trent’anni, la ragazza alla fine ha perdonato. Alt! Il fatto non è meno reale se sono passati tanti anni e la ragazza ha usato misericordia con il suo violentatore. Gli stupri sono equiparabili all’omicidio tanto più quando la vittima è una minorenne. La società deve punire comunque, non è un’offesa alla morale, è un delitto contro la persona. E occorre sia chiaro il principio: non c’è alcuna filosofia del sesso libero, della droga impunibile, che consenta di disporre di un minorenne per il proprio piacere.

A me scandalizza anche che - a commento della vicenda - il Corriere della Sera scriva, come si trattasse di un fumetto o di una fiction: «Una vita degna di un film». In questo modo avvolge Polanski di un alone avventuroso, in fondo assolutorio. Infatti si racconta che costui da bambino è stato costretto nel ghetto di Varsavia.

Infine si lascia tirare la morale a Frédéric Mitterrand, ministro di Sarkozy (Polanski è un cittadino francese): «Esprimo il mio più profondo rammarico che si sia voluto sottoporre a una nuova prova una persona che ne ha già dovute superare così tante». Le vittime della pedofilia e degli stupri, compresi i loro familiari, sono molto rammaricati per la nuova prova cui è sottoposto Polanski, ma siamo convinti che reggeranno il colpo. Sia detto con il dovuto sarcasmo.

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