Buon Anno, Nautica. Se il 2013 non sarà felice, di certo non sarà peggiore del 2012, anno nerissimo del comparto. E non solo. Coraggio, ce la farai. Nonostante vessazioni, persecuzioni e criminalizzazioni scientifiche e programmate.
Un augurio particolare, e solidarietà, agli oltre 20mila dipendenti del settore rimasti senza lavoro. Lavoro spazzato via dalla crisi globale, ma soprattutto dagli effetti di una politica industriale - e fiscale - a dir poco discutibile, che ha messo in ginocchio quasi tutte le eccellenze del made in Italy. Faticosamente costruite dal genio e dall'iniziativa dei grandi e coraggiosi pionieri nei rispettivi settori.
Prima ci dicono che stiamo per morire di troppi debiti. Poi ci dicono che per salvarci siamo costretti a... morire di troppo fisco. Quindi, se la musica non cambia, in ogni caso di morte certa si tratta. Ma in che razza di Paese viviamo? Non ci sono risorse per l'industria e per il lavoro, ma ogni giorno scopriamo che il girone infernale degli sprechi (leggi spesa pubblica) alimenta un fiume di ruberie e intrallazzi dei soliti noti: circa 8 milioni di italiani che vivono di politica. E che non intendono rinunciare al vergognoso status quo parassitario che ha ridotto l'Italia allo stremo.
E le aziende, soprattutto nel settore nautico, muoiono davvero. Chiudono, falliscono o, nella migliore delle ipotesi, vengono acquistate - spesso a prezzi di saldo - da investitori stranieri. Ma la nautica è legata a doppio filo anche turismo, altro settore fondamentale per la nostra economia. Potrebbe rappresentare la vera sfida dei prossimi anni. È ora di smetterla, una volta per tutte, di demonizzare un comparto che «lavora per i ricchi». E tentare di capire, al contrario, il vero valore della lunga e complessa filiera nautica.
Ucina-Confidustria Nautica, per bocca del suo presidente, Anton Francesco Albertoni, rinnova l'impegno a resistere. A ogni costo: «Non molleremo, raddoppieremo le energie nella battaglia per rimuovere ostacoli burocratici e fiscali che strozzano la ripresa del mercato nazionale».
Attento presidente, mala tempora currunt. Alzare la voce e picchiare i pugni sul tavolo è pericoloso. Anche quando si hanno tutte le ragioni di questo mondo. Si corre il rischio di essere silenziati. In ogni caso, in bocca al lupo.
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