Gianni Baget Bozzo
Sembra che la parola «pace» debba divenire in Italia lunica giustificazione della politica. Ma se la pace diviene un principio assoluto, ciò significa la resa di coloro che la vogliono e la vittoria di quelli che cercano la guerra. È linsegnamento che lOccidente ha tratto dal fallimento dello «spirito di Monaco» del 1938, in cui le potenze democratiche accettarono, sotto la pressione nazista, lamputazione della Cecoslovacchia. «Avete cercato la pace con onore» disse Churchill alla Camera dei Comuni, «avrete il disonore e la guerra», e così fu.
L'intervento italiano in Irak avvenne nel quadro della decisione delle Nazioni unite, quando lazione militare era già cominciata, con lobiettivo di restaurare la democrazia in Irak. Con quel gesto, lItalia impedì la divisione tra lEuropa continentale e il mondo anglosassone e schierò il nostro paese a sostegno di Israele. Lintervento in Irak fu una scelta politica nel quadro di un disegno politico preciso.
Lattuale maggioranza ritiene che lintervento in Irak è sbagliato e non voterà certo la mozione di An che chiede il riconoscimento della missione in Irak come «missione di pace». La sinistra ritiene invece che il conflitto irakeno abbia invece inasprito il conflitto tra islam e Occidente, e che lintervento di Israele con gli Hezbollah in Libano abbia reso più forte la causa del fondamentalismo terroristico.
Che degli occidentali siano morti (come gli italiani) per portare la democrazia nel mondo arabo, è un fatto significativo nella battaglia fondamentale che si combatte nel mondo musulmano: la scelta tra lidentità musulmana come unica identità e la possibilità di accettare linfluenza occidentale, non solo in termini economici ma in termini culturali e politici. Politicamente e militarmente lintervento occidentale è così storicamente giusto. La sinistra invece consolida con lintervento in Libano la sua unità tra ulivisti e antagonisti, proprio perché interpreta la guerra irakena e lintervento italiano in Libano in chiave antioccidentale e antiisraeliana. La pace, nel linguaggio della sinistra, è dunque una pace antiisraeliana e antiamericana.
Se Israele e Stati Uniti hanno accettato lintervento delle Nazioni unite, ciò è dovuto al fatto che essi hanno trovato difficoltà sia sul terreno irakeno che su quello libanese. Ma ciò non toglie che questo governo di sinistra vede lattuale crisi mediorientale come sorta dagli interventi occidentali: dallimpero americano e dal colonialismo israeliano. Non è un caso che DAlema abbia fraternizzato con gli Hezbollah, deprecando le distruzioni causate in Libano dallintervento israeliano.
Il governo Prodi ha scelto di portare lItalia in primo piano nellintervento in Libano, impegnando il nostro paese di là dei suoi limiti e della sua storia, ottenendo il consenso e la benedizione dei governi di Washington e Gerusalemme su una politica fatta per motivare lunità della sua coalizione di governo in quanto contraria alle politiche di Bush e di Olmert. Per farlo non bada a spese, con il rischio di sottrarre risorse alle forze dellordine che ci hanno evitato attacchi terroristici.
Dubitiamo che una missione tra due parti in conflitto che rimangono in conflitto sia una missione di pace. Se lo è, è di pace imposta; e il mandato dellOnu è semplicemente di peace keeping, non di peace enforcing. Non vediamo la missione Onu scontrarsi con gli israeliani o con gli Hezbollah. Ma, se si scontrasse con gli Hezbollah, lestrema sinistra imporrebbe al governo di sospendere la missione. Missione impotente, dunque, missione rischiosa. Non ha termini, è una missione infinita che non ha prospettive di sboccare sulla pace e può probabilmente finire in una nuova guerra. Lopposizione non potrà non votare per il sostegno economico delle truppe in Libano, poiché il governo non ha proposto al Parlamento un secondo voto, come aveva promesso dopo il primo.
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