La tecnica è quasi sempre uguale. Denunciare prima della separazione il marito per percosse e minacce, anche se non sono vere. Scrivere qualche sms alle amichette con finte richieste di aiuto. Mettersi d'accordo con loro per le testimonianze in tribunale. Addirittura quelle più determinate arrivano ai casi di autolesionismo per provare le violenze subite in casa. Poi basta un avvocato senza tanti scrupoli e desideroso di riempirsi il portafoglio e il gioco è fatto. I giudici non vanno tanto per il sottile e nella maggioranza dei casi danno ragione alle donne. Salvo poi ricredersi ma dopo anni e lunghe battaglie a colpi di carte bollate. Il marito e padre, quindi, viene sbattuto via da casa, anche se è di sua proprietà, e viene costretto a versare gli alimenti che oggi partono da un minimo di 400 euro al mese anche se lei lavora e guadagna più di lui. Spesso cornuti, quasi sempre mazziati. Sono molte le storie denunciate ieri al convegno dove Alessio Saso (ospite il consigliere comunale Giuseppe Murolo) ha presentato un disegno di legge regionale a sostegno dei padri separati. Lincontro è stato moderato dal caporedattore del Giornale Massimiliano Lussana. In Liguria la maggiore parte sono quarantenni, benestanti, con una dignitosa professione, un figlio e il mutuo della casa da pagare. Il numero delle separazioni sono in aumento, mentre il numero dei divorzi ha subìto una leggera flessione.
«La mia storia - dice Mauro Rossello dell'associazione savonese - è una delle poche andate a lieto fine. Con mia moglie ci siamo separati consensualmente e abbiamo ottenuto l'affidamento congiunto. La nostra bimba ha capito. Tuttavia a Savona i giudici non applicano per niente l'affidamento condiviso. È una situazione che non va bene. Così come per la maggiore parte dei nostri associati. Un caso per tutti. Lui architetto di Finale Ligure. Lei avvocato di 41 anni. Lui torna a casa e trova una ditta di trasloco. La moglie senza dargli spiegazioni gli dice vattene via. Lui non reagisce. Scopre poi una serie di tradimenti. E si vede arrivare, poco prima della richiesta di separazione, una denuncia per percosse. Adesso lui è costretto a pagare gli alimenti e non può vedere il figlio. Assurdo e tutto con il beneplacito dei giudici».
«Ho 42 anni - racconta Paolo, dipendente pubblico, residente a Quarto - mi sono sposato a 30 anni dopo un paio di anni di fidanzamento. Abbiamo avuto un bambino dopo un anno e ci siamo separati dopo 7 anni. Lei aveva una relazione con un collega in ufficio, pure lui sposato, che ho scoperto controllando sms e telefonate a ore tarde e il sabato e la domenica quando non si potevano vedere. Lei mi ha denunciato per percosse. Ha inviato sms alle amiche con finte richieste di aiuto. Si è messa d'accordo con loro per testimoniare il falso in tribunale. I giudici non ci hanno pensato un attimo. Sono stato costretto a lasciare casa mia e a versare 400 euro a lei con un mutuo per la casa di 500 euro nonostante lei guadagnasse più di me, 1300 euro contro i miei 1100. Sopravvivo chiedendo prestiti agli amici e abitando con i miei genitori.
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