C’è stata una levata di scudi per la sentenza di Torino che condanna la Rai e il giornalista, Corrado Formigli, a un risarcimento monstre in favore della Fiat. Sette milioni di euro per un servizio di Annozero sull’Alfa Romeo MiTo ritenuto offensivo per l’azienda e il suo gioiello. Le reazioni non sono state eccessive, ma la decisione ha comunque suscitato sgomento. A restarci di peste, è stato ovviamente Formigli che, se pure coperto finanziariamente dalla Rai, si sente professionalmente chiamato in causa. «Una sentenza devastante - ha commentato -. Com’è pensabile che un giornalista possa essere gravato di una somma del genere?». Ha poi osservato che 308.700 euro sono il danno massimo risarcibile a un padre in caso di morte del figlio. Argomento che colpisce, perché tra un figlio e l’Alfa della sentenza non c’è paragone possibile. A stretto giro, gli ha dato manforte Giorgio Airaudo, segretario nazionale della Fiom-Cgil: «Neanche le morti sul lavoro vengono risarcite così». È poi intervenuta sul Corriere della Sera la giornalista Milena Gabanelli, titolare della rubrica di inchieste, «Report», su Raitre. Gabanelli fa un rilievo peperino: il trio di esperti utilizzato dal giudice per quantificare il danno - gli illustri docenti Francesco Profumo (attuale ministro), Federico Cheli e Salvatore Vicari - sono tutti legati in qualche modo alla Fiat e da essa remunerati. Ad adiuvandum, si può rilevare che la sentenza viene da Torino, la città della Fiat. A questo parterre di opinioni critiche, si è aggiunto come il cacio sui maccheroni, nel senso che amalgama e insapora, l’intervento di Marco Travaglio. Nell’editoriale sul Fatto, di cui è vicedirettore, in difesa del procuratore Gian Carlo Caselli, minacciato dai No Tav al punto di non poter nemmeno presentare un suo libro, Travaglio trova modo di dirsi contrario alla sentenza che condanna Formigli. La considera eccessiva, intimidatoria, eccetera.
Concordo con tutti. Trovo gli argomenti convincenti e la sentenza a capocchia. Quello che però non sopporto è che questi personaggi si sveglino sempre e soltanto quando accidenti pare a loro. Adesso, a parte Formigli che parla per fatto personale, ma gli altri - Travaglio in testa - felici come pasque se provvedimenti assurdi o violenze odiose colpiscono quelli che detestano, si indignano unicamente se la randellata finisce sulla capoccia di uno della loro cricca. È il sistema che è sbagliato, ragazzi. Se denunciate il difetto solo la volta che vi ferisce e non ogni volta che si commettono enormità in nome della legge, della libertà e altre scuse, rafforzate disparità e ingiustizie.
Prendiamo proprio Travaglio che del doppiopesismo è primatista. Ora fuma perché il suo amico Caselli, causa No Tav imbufaliti per gli arresti, non può liberamente presentare un suo libro. «Roba mai vista - scrive - nemmeno negli anni plumbei della Torino anni ’70 o della Palermo anni ’90». Sdegno fuori tempo massimo che conferma quanto dicevo: si sveglia solo se tirano il collo ai suoi polli. Finora non si era accorto che lo squadrismo di sinistra dilaga da lustri. Gli ricordo che otto anni fa a Gianfry Fini (era però ancora berlusconiano) fu impedito di entrare in un’università per tenere una lectio; che a Como, dove Dell’Utri doveva presentare i presunti «Diari di Mussolini», alcuni ossessi della risma dei No Tav glielo impedirono con la forza; che, per analoghe minacce, Mario Giordano due anni fa dovette rinunciare alla presentazione di un libro sulla riforma Gelmini, quanto di più mite si possa immaginare. Infine, papa Ratzinger che, invitato a parlare nell’aula della Sapienza, fu ricacciato in Vaticano dai manipoli di Fisica. Altro che Caselli, Travaglio dormiente, visto quanto ti è passato invano sotto il naso?
Spulcio ancora il Fatto e mi ritrovo un articolo sulla causa di Minzolini alla Rai per tornare al Tg1. Be’, anche qui. Ora, i travaglieschi sperano che il giudice dia torto (e gli danno, via articolo, delle dritte) al Minzo. E, comunque, già mettono il lutto per il caso di vittoria. Quando invece a volere rientrare erano gli amichetti loro - Santoro, Ruffini, Busi, Ferrario - tutti a tifare come ossessi, scomodando i numi della libera stampa, del servizio pubblico, della democrazia, dell'antifascismo. Esilarante poi, nella stessa pagina, la protesta per una sanzione dell’Ordine dei giornalisti al direttore, a causa di un titolo (del 2010, in prima pagina) che annunciava un’indagine per concussione contro Minzolini e il Cav. Non era concussione, ma rivelazione di segreto. Come spacciare un palpeggiamento per uno stupro. Da urlo. Il Fatto fa l’offeso e banalizza l’errore - che vuoi che sia? - immemore delle volte che ha messo in croce il Tg1 minzoliniano - non per castronerie come la sua - ma per qualche notizia annacquata o nascosta tra le pieghe del telegiornale. La solita storia della pagliuzza e la trave.
Alcuni mesi fa, La Stampa ospitò un’intemerata dell’Avv. Prof. Federico Carlo Grosso che se la pigliava con Marina Berlusconi per un esposto in Cassazione contro la sentenza dei 564 milioni a De Benedetti, fondata - diceva - su un precedente truccato. Il docente accusava Marina, chissà perché, di intimidire la Cassazione, cui spetta l’ultima parola sul risarcimento.
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