«Se vado a Roma, regionali nel 2009»

Ieri l’incontro tra il presidente della Regione e Ignazio La Russa

Si è parlato di elezioni anche durante la giunta regionale, segno che la questione è nei pensieri e nelle preoccupazioni degli assessori. Roberto Formigoni non nasconde il desiderio di andare a Roma, questa volta per restare. «Esistono posizioni adeguate alle mie competenze, che sono alcune e non altre - spiega il governatore della Lombardia -. Sono uomo di dialogo, di raccordo, un innovatore, ho sempre avuto presente il bisogno di relazioni internazionali. Ho grande esperienza anche sul tema del federalismo».
A sessant’anni (61 tra due mesi) è il momento decisivo per il salto verso la Capitale. Nel 2006 Formigoni ha corso da capolista al Senato, poi ha optato per la Regione. Due anni dopo si prepara un viaggio di sola andata: «Mi piace moltissimo fare il presidente della Lombardia, ma il futuro politico è segnato da elezioni anticipate e se sarò chiamato a ruoli a cui sono adatto, andrò a far pesare le ragioni lombarde a Roma». Ha già pensato alle conseguenze: «In Regione si voterebbe nella primavera 2009, con un anno di anticipo sulla scadenza naturale». Il vantaggio è l’election day che metterebbe insieme in un unico giorno elezioni provinciali di Milano e Europee, previste appunto per il 2009. Dopo le politiche, il governatore avrà tre mesi di tempo per scegliere, poi scatterà l’era della reggenza.
La soluzione “naturale” sarebbe cedere il testimone alla vicepresidente di An Viviana Beccalossi, o - in caso di sua candidatura al Parlamento, anch’essa sul piatto - a un altro esponente del partito. L’ipotesi è caldeggiata da An e ieri Ignazio La Russa ha incontrato Formigoni al Pirellone per concordare un «via libera». La Russa non ha escluso una candidatura sua o di An («sono andato a visitare le mie future stanze», ha scherzato), ma è solo un modo per tenere alta la tensione. Un accordo sulla reggenza tranquillizzerebbe An, garantendole un anno di visibilità per bilanciare la candidatura di un leghista come Roberto Castelli alla successione di Formigoni. Non è convinta Forza Italia, che punta a un rimpasto in cui Formigoni scelga un vicepresidente azzurro. Perplessa la Lega, soprattutto la parte che non ama l’ipotesi Castelli e spinge per arrivare alla scadenza naturale del consiglio regionale nel 2010. Tecnici, politici d’esperienza e consulenti di diritto studiano ancora la possibilità di permettere a Formigoni il doppio ruolo lombardo e romano, ma nessuno sottovaluta la preoccupazione per l’impatto politico negativo (mutatis mutandis, è lo stesso problema del sindaco di Roma, Walter Veltroni, che si prepara a candidarsi da premier).
Formigoni, che spesso si è detto interessato a ministeri come gli Interni, gli Esteri o l’Economia (confortante la gestione del caso Malpensa), oggi parla di «un ruolo in Parlamento». I suoi sono convinti che l’ambizione del presidente della Regione sarebbe diventare presidente di una Camera o capogruppo del neonato Popolo della libertà. Fanno notare a Roma che le poltrone di governo saranno ridotte a dodici, così diventano ambiti ministeri di grande impatto sociale (e portafoglio) come la Sanità, una via per esportare il mix lombardo tra pubblico e privato.

Ma chi è vicino al presidente sa che lui lo considera un ministero minore, perché il potere reale è gestito dalle Regioni. E secondo Formigoni, «il gioco vale la candela solo se alla fine la Lombardia peserà di più a livello nazionale».

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