Se Walter Mazzarri si trasforma in Walter Alfredo

Se c’è un’accusa - una sola - che non ci si può fare è quella di «lesa mazzarittudine». Non più tardi di una settimana fa, io stesso ho scritto su queste colonne che il vero fuoriclasse del Doria non è Antonio Cassano, ma Walter Mazzarri

Se Walter Mazzarri
 
si trasforma 
in Walter Alfredo

Se c’è un’accusa - una sola - che non ci si può fare è quella di «lesa mazzarittudine». Non più tardi di una settimana fa, io stesso ho scritto su queste colonne che il vero fuoriclasse del Doria non è Antonio Cassano, ma Walter Mazzarri. E sottoscriverei nuovamente oggi, nonostante le tristi prestazioni con Stoccarda e Cagliari, ogni parola di quell’articolo.
Però, proprio perchè stimiamo moltissimo Mazzarri - bestie rare in un panorama giornalistico genovese dove il tecnico di San Vincenzo non è mai stato particolarmente amato o supportato, ma al massimo sopportato - non possiamo tacere che il suo dopo-partita spesso non è all’altezza delle sue partite. Come fosse in preda a un virus della panchina sotto la Nord, Walter Mazzarri spesso si trasforma in una sorta di Walter (Alfredo) Mazzarri. Una specie di novellizzazione che ricorda i periodi più duri del tecnico di Montemarano alla Samp. Quando l’ex allenatore del Doria se la prendeva alternativamente con gli infortuni, con il destino cinico e baro, con l’arbitro, con la panchina corta, con le condizioni del campo, con la forza degli avversari, con varie ed eventuali. Ecco, siamo alla stessa storia. Sarà l’aria di Bogliasco, saranno le rose del Doria, sarà il fatto che non gli hanno comprato nemmeno Aronica e Buscè, sarà che deve affrontare la partita decisiva per l’Europa con in attacco Bonazzoli e Fornaroli - che ci auguriamo che stasera segnino tre reti a testa, ma che restano Bonazzoli e Fornaroli - ma è come se ci trovassimo di fronte a un Dottor Jekyll che diventa Mister Mazzarri in sala stampa. Come in una cantilena - senza obiezione alcuna da parte di coloro che poi, a microfoni spenti, gliene dicono di tutte e di più - Mazzarri schiera un tre-quattro-tre delle scuse. Una volta è l’arbitro, una volta è la sfortuna, una volta è il campo, una volta è «che ci girano tutte storte». E così ci tocca ascoltare di tutto. Persino che, «a parte Bergamo», la Sampdoria non è stata inferiore a nessuno. Se ci crede, benissimo. Ma occorrerebbe che qualcuno si alzasse in piedi per dirgli che non è vero. Che è stata inferiore a molti. Che non avrebbe potuto vincere con chiunque. Che il re è nudo. Ecco, proprio perchè non lo fa nessun altro, mi sacrifico io - da fan sfegatato da Mazzarri, che ritengo uno dei migliori tecnici emergenti italiani, con Gasperini, Ballardini, Allegri, Zenga, Giampaolo e Beretta (poi ognuno si faccia la classifica che più gli piace) - e dico che il re è nudo. Che molti dei post-partita di Walter mi sembrano più ricchi di scuse che di sottili ragionamenti. Tanto per restare alle ultimissime partite, contro lo Stoccarda, Mazzarri ha spiegato che «abbiamo faticato anche a causa del campo e del vento». Oppure, a chi gli ricordava il rigore negato per il fallo nettissimo di Accardi su Gomez: «Ce n’era anche uno su Franceschini e Hillberg poteva essere espulso per un duro intervento da dietro su Cassano. Quindi, se si lamenta lui, posso farlo io a maggior ragione». Dal vento del giovedì di Coppa a quello di Cagliari, cambiando l’ordine dello scirocco e della tramontana, il risultato non cambia: «Stiamo giocando ogni tre giorni e l’impegno non manca mai. Purtroppo, gli impegni ravvicinati tolgono lucidità e oggi noi, su un campo pesante, arrivavamo sempre tardi sul pallone. Abbiamo perso tutte le palle sporche, che di solito prende chi è più fresco».

Posso dirla tutta? A mio parere, che ovviamente vale per uno e conta per uno, a perdere lucidità con analisi simili è proprio l’ottimo Mazzarri, fuoriclasse della panchina. Che ha regalato a Genova il piacere del bel gioco, della buona educazione, dell’italiano forbito e del piacere di saper vincere. Ora basti che impari anche il gusto di saper perdere.

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