Seat, via alla class action contro i fondi speculatori

Che gli azionisti di Seat Pagine Gialle non abbiano fatto un grande affare è ormai chiaro da anni. Ora un’associazione, il NuovoMille, vuole promuovere una class action a tutela dei piccoli azionisti della società ex Telecom, fondata nel 1925, affondata nei debiti a causa delle operazioni di leverage buyout, ovvero acquisizione attraverso il debito, che hanno fatto arricchire alcuni soggetti, in particolare fondi di investimento, impoverendo come di consuetudine i piccoli azionisti. I quali, recita un comunicato di NuovoMille, «sarebbero stati espropriati della loro titolarità azionaria, perdendo anche i loro risparmi, con cifre che partono da 10 fino a 50mila euro». Ieri anche i riflettori della politica si sono accesi sul caso. Il senatore del Pdl, Stefano De Lillo, ha infatti chiesto ai titolari di vari dicasteri se siano a conoscenza che esista «un progetto di ristrutturazione del debito per circa 3 miliardi di euro, che comporta l’avvicendamento nel controllo proprietario, del principale obbligazionista, un anonimo fondo di diritto lussemburghese rispondente al nome Lighthouse».
Lighthouse è per l’appunto il nome della società di diritto lussemburghese che nel 2004 emise un prestito obbligazionario da 1,3 miliardi di euro, collocato presso diversi investitori istituzionali. E sono proprio questi ultimi che, per non perdere tutto, hanno acconsentito alla ristrutturazione del debito. L’88% della società sarà conferito a Lighthouse ma distribuito su centinaia di obbligazionisti (istituzionali). Seat, in ottobre, dovrebbe dunque diventare una public company senza un azionista di riferimento. Ai piccoli risparmiatori dovrebbe andare una quota del 6% della nuova società.

Poco ma, secondo alcuni, l’unico modo per non perdere tutto sperando che Seat riesca nell’intento di trasformarsi in una web company capace di realizzare e vendere siti Internet alle Pmi. Sulla falsariga di ciò che faceva con le Pagine Gialle cartacee.

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