Secessione e camicie verdi slitta il processo alla Lega

Rinviata ad ottobre l’udienza preliminare per 45 dei massimi esponenti del Carroccio

Claudia Passa

da Roma

Lega e «secessione», nuova battuta d’arresto per il procedimento veronese del procuratore Guido Papalia. Slitta infatti al 5 ottobre l’udienza preliminare a carico di Bossi, Calderoli, Maroni e altri 42 esponenti del Carroccio, inizialmente fissata per il prossimo 7 febbraio. E con essa slitta dunque la discussione sulla richiesta di rinvio a giudizio, pendente da ormai otto anni, con l’accusa d’aver attentato all’unità nazionale, tramato contro la Costituzione e aver costituito un’associazione di carattere militare.
Quando l’estate scorsa ai 45 leader e militanti furono recapitate le convocazioni davanti al gip per il mese di febbraio, divampò la polemica a causa della vicinanza con l’avvio della campagna elettorale. «Quelle cose lì così vicino alle elezioni ci fanno vincere», disse il senatùr al popolo leghista riunito a Pontida. Ma lo slittamento a ottobre, è spiegato nel rinvio, lo si deve alla maternità del giudice per le indagini preliminari, e all’impossibilità di reperire un gip o un gup che potesse sostituirla senza profili di incompatibilità col procedimento in questione.
Della tentata «secessione», del «parlamento padano» e delle «camicie verdi» si riparlerà dunque in autunno. Con un doppio punto interrogativo: da un lato il verdetto della Consulta, che dopo quattro anni ha dichiarato inammissibile il ricorso dei magistrati contro l’insindacabilità riconosciuta dal Senato agli indagati Francesco Speroni e Vito Gnutti, entrambi inquilini di Palazzo Madama all’epoca dei fatti contestati. Ovvero nel ’96, quando dalle risultanze d’indagine e dalle intercettazioni allegate in quantità alla richiesta di processo, Papalia ritenne di riscontrare il pericolo della dissoluzione dell’integrità del Paese. Dall’altro lato, poi, vi sono le nuove norme sui reati d’opinione, che probabilmente faranno cadere l’impalcatura del procedimento e porteranno al proscioglimento dello stato maggiore del Carroccio dalle contestazioni più pesanti. Dell’impianto accusatorio a carico del senatùr e degli altri leader leghisti potrebbe sopravvivere solo l’ipotesi di associazione di carattere militare, come lo stesso Papalia ha sottolineato in una recente intervista, definita «inopportuna» dal guardasigilli Roberto Castelli.
Per sapere come andrà a finire bisognerà aspettare il 5 ottobre, a Verona, alle 10 del mattino.

Lo scorso ferragosto, commentando la convocazione in Procura e la ripresa del procedimento dopo il lungo stop in Corte costituzionale, i vertici leghisti sotto inchiesta da quasi un decennio avevano promesso che il 7 febbraio, davanti al gip, si sarebbero presentati tutti, in persona. «Riderà tutto il Paese, pure al sud si sbellicheranno», aveva scherzato Roberto Calderoli. Dovranno attendere qualche mese in più.

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