Tempi duri, d’ora in avanti, per i cinesi a Napoli. Gli era andata di lusso per centoventi anni, da quella legge del 1888 che riordinava i loro Collegi nella città partenopea, ma adesso la pacchia è finita. Anche quella norma, come altre migliaia, è caduta sotto il bisturi del ministro-chirurgo Roberto Calderoli.
Il suo ufficio legislativo, guidato dal professor Alfonso Celotto (un infaticabile napoletano alla corte dell’infaticabile bergamasco), è a lavoro su un nuovo fascicolo di leggi ed enti inutili da tagliare. «Entro dicembre ne salteranno altre 20mila - spiega il ministro alla Semplificazione legislativa -. Sono ancora in vigore norme dello Stato fascista, un’assurdità che provoca confusione perché di fatto finché nessuno le abroga sono ancora in vigore, e quindi utilizzabili da avvocati e giudici». Stiamo parlando di un corpo normativo di proporzioni ciclopiche. Mentre uno Stato europeo in media ha 5-8 mila leggi, Calderoli ne ha trovate qua e là qualcosa come 450mila, «più cerco e più ne trovo!» dice il ministro, quasi divertito dal lavoro di forbice. In questa operazione è riuscito a coinvolgere anche due esponenti del Pd, Franco Bassanini e Giuliano Amato. Un inedito ruolo da «pontiere» tra centrosinistra e centrodestra per il focoso colonnello della Lega, che in un’intervista all’Eco di Bergamo ha raccontato di sentirsi come Dr Jekyll e Mr Hyde, «perché da fuori sembro cattivo ma poi chi mi conosce sa come lavoro».
E il lavoro non manca. Regi decreti che autorizzano l’istituzione di enti, associazioni, comitati di varia natura. Un’infinità di provvedimenti pre e post-bellici, ancora in vigore come se l’Italia fosse eternamente immobile tra il ’39 e il ’45, o impegnata nella Grande guerra. Si dispone ancora delle «Provvidenze a favore dei profughi della Venezia Giulia già titolari di magazzini di vendita e di rivendite di generi di monopolio» (legge risalente al luglio 1952), si legifera sull’«Impiego della radiotelegrafia e radiotelefonia nei porti del Regno e delle colonie da parte di navi da guerra estere» (legge del 1924), si regola tuttora il risarcimento ai cittadini «in caso di occupazione d’urgenza per esigenze militari» (legge ancora lì dal 1940). Da 70 anni vigono i «Provvedimenti per incoraggiare il recupero di navi affondate» e da altrettanti sopravvivono le «Provvidenze a favore degli ex militari del cessato impero Austro-Ungarico e dei loro congiunti pertinenti ai territori annessi al Regno».
Leggere il faldone raccolto dal ministero è come sfogliare una storia d’Italia, si passano epoche, costumi, stagioni superate ma che sopravvivono al tempo e alla polvere grazie alla pigrizia della politica che si è dimenticata di cancellare l’inutile. Si scopre così la curiosa figura del «farmacista perseguitato politico», che una legge del 1951 si preoccupa di aiutare con delle disposizioni in suo favore.
Di tasse, ce ne sono a palate. C’è ancora quella sul prelievo della pietra pomice all’isola di Lipari e quella sulla fabbricazione dell’alcool e della birra. «Gli spiriti», cioè l’alcool, sono una grande preoccupazione del legislatore che cerca di dissuadere dal vizio aumentando i balzelli (che probabilmente gravano ancora sugli alcolici in vendita nei supermarket). Anche nel 1937 si pensa bene di introdurre modificazioni al regime fiscale dell’alcool impiegato nella preparazione di marsala, vermut, liquori e cognac. Ma anche il formaggio fa paura, se dal 1934 ad oggi c’è il «Divieto di produzione e vendita di alcuni tipi di formaggio», chissà perché mai così pericolosi. Meno male poi che per 54 anni è rimasta intatta l’indispensabile «Riforma dei depositi dei cavalli stalloni».
Il tempo si è fermato nelle stanze dello Stato italiano. Dal punto di vista legislativo, l’Ente fascista per la protezione degli animali esiste ancora, come anche il Consorzio nazionale degli istituti fascisti autonomi per le case popolari, norme vecchie di 72 anni.
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