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La seconda vita del botulino: con il ritocchino si curano i depressi

È conosciuto da uomini e donne come un rimedio anti-età. In realtà il farmaco cura il mal di testa ma anche le malattie della pelle e i problemi agli occhi

La seconda vita del botulino: con il ritocchino si curano i depressi

È diventato il sinonimo di farmaco frivolo, un cosmetico più che un medicinale. Un rimedio anti-età, un capriccio per una «lei» scontenta o per un «lui» vanitoso. Per molti equivale a un lifting, e lo si confonde con i vari «filler» spiana-rughe pubblicizzati in giornali e tv. Strano destino, quello del botox: è una tossina, di fatto è un veleno paralizzante, e già bisognerebbe stare in guardia; in realtà con la diffusione dei trattamenti estetici viene considerato soltanto il protagonista dei «ritocchini», responsabile di facce gonfie di personaggi dello showbiz che non vogliono rassegnarsi all'inesorabile scorrere del tempo.

RITORNO ALLE ORIGINI

Brutta nomea per un farmaco quella di essere al servizio non di una terapia ma di uno sfizio. Un medicinale da salotto e non da ambulatorio. In realtà il suo utilizzo nella medicina estetica è piuttosto recente e non è neppure il principale. Perché il botulino vive un'esistenza parallela rispetto alle cure «anti aging». Il suo primo impiego è stato in oculistica, come terapia per correggere lo strabismo. E oggi sono numerosi gli usi medici in campo neurologico (distonie, tic, sudorazione eccessiva, certe forme di emicrania cronica), dermatologico (acne, psoriasi), urologico (incontinenza) e addirittura psichiatrico: secondo recenti studi clinici il botox è efficace anche per combattere la depressione.

Il punto sulla situazione è stato fatto nel secondo convegno nazionale dell'Aiteb (Associazione italiana terapia estetica botulino) a Firenze. La seconda vita di questa neurotossina è in realtà una «prima vita» perché i primi studi di impiego terapeutico risalgono a una quarantina d'anni fa: un oftalmologo americano, Alan Scott, iniettò minime quantità di botulino nel muscolo oculare. L'approvazione della Food and Drug Administration per il trattamento dello strabismo e dello spasmo dei muscoli facciali giunse nel 1989.

Oggi gli oculisti hanno abbandonato il botulino perché l'effetto dura pochi mesi. Ma il successo di quella sperimentazione contro le contrazioni muscolari involontarie portò a testare la tossina per curare altre patologie soprattutto neurologiche. L'impiego più diffuso è contro una forma di emicrania cronica: il botulino distende i nervi sensoriali situati ai lati della fronte, e in generale contrasta le distonie che possono colpire diverse parti del corpo come il torcicollo spasmodico, il blefarospasmo (chiusura incontrollabile delle palpebre), il crampo dello scrivano, ma anche l'incontinenza urinaria indotta dall'iperattività della vescica.

Come spiega il dottor Giuseppe Sito, vicepresidente di Aiteb, «il botulino ha un ruolo insostituibile nella terapia per l'iperidrosi primaria, cioè la sudorazione eccessiva. Circa il 2% della popolazione soffre di questa malattia sempre più diffusa in età pediatrica dai 7 ai 14 anni». In questo caso il botulino non agisce su tessuti nervosi o muscolari ma sulle ghiandole sudoripare con un'efficacia di 6-9 mesi.

Anche la dermatologia se ne avvale. Contro l'acne, per esempio, che colpisce l'80 per cento degli adolescenti ma anche il 20 per cento delle donne tra 25 e 40 anni. «Oltre agli antibiotici a uso topico e ai retinoidi dice il dottor Guido Dalla Costa, dermatologo, chirurgo plastico e segretario Aiteb - l'acne si cura anche con il botulino. Il trattamento consiste in un tappetino di microiniezioni intradermiche, superficiali, una per ogni foruncolo. La tossina limita la secrezione sebacea della cute e l'infiammazione. In una quindicina di giorni è già visibile la riduzione delle porosità e delle pustole dell'acne. Le sedute vanno ripetute ogni quattro-cinque mesi e non ci sono effetti collaterali». Il micro botulino è efficace anche per togliere le cicatrici più rilevate sulla pelle (i cosiddetti cheloidi) e per eliminare le chiazze della psoriasi, una malattia cutanea che interessa soprattutto gomiti, mani, ginocchia e piedi. Chiarisce il dottor Maurizio Benci, dermatologo dell'Aiteb: «È una patologia vissuta malissimo dai pazienti perché molto visibile, inibisce le relazioni e suscita l'idea che sia contagiosa». Anche in questo caso lo specialista inietta dosi controllate di tossina, che però non può essere impiegata se la psoriasi si estende su larga parte del corpo.

IL BUCO NERO

La frontiera più recente riguarda il male oscuro della depressione. Non è un semplice effetto dell'azione spiana-rughe: la neurotossina viene iniettata nella glabella, quell'area del viso tra le sopracciglia e il naso, per bloccare i muscoli corrugatori. Il dottor Salvatore Fundarò, chirurgo plastico e tesoriere Aiteb, sta conducendo uno studio con il Dipartimento di psicologia dell'università di Bologna. L'anno scorso al congresso della Società italiana di medicina estetica il dermatologo Emilio Betti ha presentato una ricerca che conferma analoghe indagini americane. L'effetto antidepressivo ha varie spiegazioni. «Abbiamo testato che il botulino è più efficace di filler, peeling e laser spiega Betti -. C'è poi una reazione sociale: l'espressione più distesa induce un atteggiamento più rilassato anche negli interlocutori. Ma esistono effetti anche sul sistema nervoso centrale perché il botulino influenza l'amigdala, il principale centro emotivo del cervello. Studi con risonanza magnetica hanno evidenziato che bloccando i muscoli corrugatori si riduce l'attività dell'amigdala e quindi gli stati d'ansia e depressione».

CORPO E SPIRITO

È un effetto mimico già studiato da Charles Darwin, il meccanismo del «feedback facciale»: anche solo la simulazione di un'emozione tende a farla insorgere nella nostra mente.

In sei mesi il dottor Betti ha osservato 62 pazienti, 54 donne e otto uomini di età compresa tra 18 e 72 anni, che si sono sottoposti a un trattamento estetico per eliminare le rughe della fronte e della glabella e le cosiddette «zampe di gallina». I pazienti hanno compilato il «questionario di Beck» (un test psichiatrico largamente applicato per misurare la depressione) prima e dopo la cura. Risultato: all'inizio solo il 51,5 per cento aveva una condizione d'umore normale, salito dopo due mesi al 70,5 e attestato dopo 4 mesi (cioè quando finisce l'effetto del trattamento) al 64,7. Le depressioni più gravi sono scese dal 4,4 all'1,5 per cento. Insomma, la punturina migliora l'aspetto e lo spirito. E non deprime il portafoglio.

Dice il dottor Fundarò: «I costi della terapia con botulino, tre sedute all'anno, sono equiparabili se non inferiori a quelli con antidepressivi tradizionali».

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