Addio sogni di gloria. Arrivederci cara Champions League. I «cugini» stracciano e gettano nel cestino le ultime, flebili speranze giallorosse di poter veleggiare nei mari dell'Europa che conta. E lo fanno in soli due minuti. Troppi errori, difesa sottotono, Doni in crisi d'identità e due espulsioni figlie di nervi a fior di pelle. La sensazione è che la «mia» Roma abbia bisogno di ritrovare tranquillità. E di giustificare a se stessa, ai tifosi e agli amanti del calcio i sedici punti in meno rispetto allo scorso anno. Operazione che dovrebbe spettare a Spalletti, sciagurato protagonista dentro e fuori dal campo: il toscano paga la scelta dell'arrugginito 4-2-3-1 e, nell'intervallo, inscena con Tare un siparietto non certo da gentiluomini. La realtà è amara. Come in un film già visto lo scorso anno. Allora i biancocelesti ci tolsero tre punti vitali per lo scudetto, quest'anno un bottino che può valere svariati milioni e un «pass» per la vecchia coppa dei Campioni. Diffidate di chi vi racconterà che all'ombra del Cupolone si è giocato un bel derby: è stata la «stracittadina dell'isterismo». In campo, sugli spalti, nel dopo gara. Risse, urla, calcioni. Nella giornata della solidarietà, della memoria, del silenzio.
Del rispetto. Un rispetto che nessuno ha avuto. Nonostante gli abbracci, le lacrime, i baci verso il Cielo e le tante belle parole «sprecate» in queste drammatiche ore. Complimenti a tutti.fabrizioaspri@romanews.eu
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