«Il segreto di Esma», l’amore batte lo stupro

Esce nelle sale l’opera premiata a Berlino 2006. La debuttante Zbanic racconta le violenze sessuali dopo la guerra in Bosnia

Cinzia Romani

da Roma

Il Prefetto di Roma, Achille Serra, ha appena fatto distribuire un volumetto per difendersi dagli stupri, fenomeno in via di recrudescenza costante, da noi, ma le violenze sistematiche subite dalle donne italiane ora rischiano di scivolare in secondo piano. Oggi, infatti, esce nelle sale Il segreto di Esma, ruvido film della bosniaca Jasmila Zbanic (di religione musulmana), che mette il dito sulla piaga degli stupri di guerra, perpetrati nell’ex Jugoslavia dal 1992 al 1995, ai tempi del conflitto serbo-bosniaco. Seppure nei modi elementari del debuttante (la Zbanic, già burattinaia e clown di Sarajevo, sua città natale, esordisce come regista di lungometraggi), quest’opera appoggiata da Amnesty International, promotrice di pellicole su temi umanitari (da Hotel Rwanda a Water a The Road to Guantanamo) mostra che cosa è successo a una delle ventimila vittime di stupro nella Bosnia-Erzegovina. Vincitore dell’ Orso d’oro a Berlino 2006, e di altri premi a connotazione politica, Il segreto di Esma (distribuito dal Luce) si svolge nella Sarajevo del dopoguerra, dove Esma è madre nubile dell’adolescente Sara. Tra turni massacranti in una fabbrica di scarpe e lavoro notturno al sordido Amerika Bar, la povera donna tira avanti, ma un segreto tremendo la opprime. Il padre della sua creatura non è un martire ammazzato in collina dai cetnici, come crede Sara. «Sei la bastarda di uno stupratore!» esplode questa madre forzata, nella farandola di schiaffoni liberatori che si abbattono sulla figlia, in lacrime nell’apprendere una così amara verità, dopo aver tanto insistito nel voler conoscere l’identità paterna. Ma siccome «omnia vincit amor», Sara, rapatasi a zero in segno di lutto, partirà per la gita scolastica, con i compagni di scuola, ben sapendo che quella madre non la lascerà mai e che lei sarà in grado di ricambiarne la dedizione assoluta. «La mia è soprattutto una storia d’amore, non puro, però, perché contaminato dall’odio e dal disgusto», spiega la regista, qui anche produttrice. «Ho vissuto sotto le bombe e so che, per una donna, la cosa più spaventosa è l’arrivo dei soldati. Cercavo un modo per superare la violenza e aiutare le donne della Bosnia: il maggior numero di donne violentate è tra le musulmane», dice l’artista classe 1974, professandosi osservatrice del Ramadan. «Lo stupro è stato proclamato crimine contro l’umanità soltanto dopo la guerra», informa Riccardo Noury di Amnesty International.

Non è un caso, comunque, che si preferisca dimenticare come la Chiesa cattolica, in occasione dei ripetuti stupri di guerra sulle monache nei territori della ex-Jugoslavia, abbia preso posizione, per prima nel mondo, sulle gravidanze conseguenti.

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