Dubbio poco amletico: cono o coppetta? Dipende. Dipende dal luogo, dalla postura, dalla cialda. Direi, a prescindere, meglio il cono, solido geometrico con tragici ricordi scolastici durante la lezione di matematica ma, finalmente, contenitore multi uso. Oggi la tendenza è a offrire la frittura, nostrana o nipponica, all'interno del cono, però in bambù. Qui, si scrive e si pensa del cono originario, quello che si riempie di una o due o addirittura tre palline, tre gusti meglio che uàn. È comodo, puoi continuare a camminare, parlare al telefono, guidare la vettura o il motociclo, fare i lavori di casa, digitare al computer, stando ben attenti alla colatura. Ma basta leccare, un movimento della lingua, rapido ma gustoso, si gira tutto intorno, in modo da rendere la sfera sempre perfetta, quasi lucida, brillante. Quando essa si esaurisce ecco allora l'ultimo piacere, restano ultime tracce in fondo, si prende a mordicchiare la cialda croccante, la libidine è totale. La coppetta non comporta giri di lingua ambigui e provocanti, ha la sua eleganza d'avvio ma impegna mani due, sei prigioniero della ciotola e del cucchiaino, un po' secchiello e paletta, il gelato, di solito, si squaglia più velocemente, rispetto ai tempi del cono, gli ultimi giri della palettina raccolgono spesso acqua zuccherata colorata di marrone se trattavasi di cioccolato o rosa pallido quando la fragola ormai è estinta. Sia chiaro, seduti al tavolino la soluzione coppetta è giusta, educata, pratica, mentre il cono farebbe un po' miseria e solitudine anche in presenza di folla.
Bei tempi quelli delle coppe del nonno, non si sa bene di quale famiglia facesse parte l'avo ma il prodotto confezionato era buono assai. Poi ci sarebbe anche la soluzione con lo stecchetto, ghiacciolo o multigusti, un compromesso geometrico tra il cono e la coppetta, una via di fuga, già confezionata alla fonte, che non impegna e resta bloccato al legnetto, anche questo succhiato fino alla morte, come un vintage bastoncino di liquirizia
Poiché non ci facciamo mai mancare niente, di questo dilemma si è occupato anche uno studioso universitario. Trattasi di Kay McMath, sarebbe un docente sensoriale della Massey University di Palmerston North, Nuova Zelanda. Il dottor McMath è anche giurato per il premio che viene aggiudicato ogni anno al miglior gelato del Paese. Ora, dopo numerosi studi e svariate ricerche, Kay McMath ha promosso il cono, che consente una goduria più lunga nel tempo, potendo assaporare meglio sia le creme che i sorbetti, fino all'ultimo sorso o leccata. Addirittura esistrebbero spiegazioni di ordine fisiologico a conforto della tesi del professore neozelandese, perché, con il cono in mano, il fruitore sente il sapore del gelato sciogliersi alla temperatura della bocca: «Quando si lecca il gelato, la lingua si ricopre di un sottile strato di crema che, immediatamente si riscalda in modo uniforme e così il gusto viene percepito dalle papille presenti sulla lingua.
La cosa non si realizza con il cucchiaino o paletta, perché la coppa o coppetta, a differenza del cono, fa da isolante e la temperatura del gelato resta fredda in bocca e la lingua spinge la crema contro il palato e qui si scioglie ancor prima di essere ingoiato», per cui, secondo il docente: «Più a lungo dura la fase in cui si lecca il gelato, più grande è il godimento».Resta un ultimo interrogativo, non sciolto da mister McMath: ma quando gli All Blacks, durante la Haka, tirano fuori la lingua è perché hanno usato il cono o la coppetta?
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