Il Senatùr: «Silvio, ora frena»

RomaCaro Silvio, stavolta devi abbassare i toni. Altrimenti, se il dialogo con la sinistra s’interrompe, perché sul fronte giustizia non vuoi sederti al tavolo con la sinistra che ti attacca, sarà difficile chiudere la partita sul federalismo fiscale. Un traguardo obbligato, per la Lega, da raggiungere prima delle prossime elezioni. Anche attraverso maggioranze variabili, se serve.
Ci sia stata o no, in serata, una telefonata distensiva tra i due, è questo il senso del messaggio che il Senatùr invia al Cavaliere. E così, Umberto Bossi alza di nuovo la voce. Un affondo che giunge poche ore dopo le parole di Gianfranco Fini, che spera sempre in una riforma della giustizia condivisa, senza strappi né forzature. «Quello che penso l’ho detto l’altro giorno, anzi 48 ore fa. Va bene cambiare idea, ma in 48 ore... ». Un commento a cui il presidente della Camera preferisce non aggiungere altro. Anche se pare abbia apprezzato quanto dichiarato dal premier a Bruxelles, a margine del Consiglio europeo: «Se in Parlamento ci fosse la possibilità di sederci a un tavolo, io non pongo un ostacolo a questo». Anzi, ben venga, ma «non cerchino di coinvolgere me dopo avermi insultato e offeso».
Affermazioni che spingono tra l’altro il presidente del Senato, Renato Schifani, a prendere la parola in aula: «Confido instaurino un momento di confronto più pacato su federalismo e giustizia». Perché «non è ipotizzabile e non ritengo sia nella volontà di nessun politico italiano fare riforme “contro”». Infatti, «vanno fatte nell’interesse dei cittadini, non contro qualcuno».
Intanto, ad argomentare a lungo è Bossi. «Noi avevamo cucito e cucito», ricorda il ministro per le Riforme, che attacca: «Ora, le dichiarazioni di Berlusconi sulla giustizia ci mettono in difficoltà in commissione al Senato, perché per la sinistra sono un problema politico rispetto all’accordo fatto». Un motivo che dovrebbe spingere l’amico Silvio ad abbassare i toni? «Sì». Detto questo, Bossi si dice «convinto» che il Cavaliere «non voglia bloccare il processo» di riforma. Tuttavia, osserva, «i regolamenti del Senato danno un grande potere all’opposizione in commissione, che può fare quello che vuole».
Ecco il suo punto di vista. Ecco perché, annuncia, «chiamerò Berlusconi per spiegargli le difficoltà che abbiamo». Certo, «lui dirà che lo attaccano sul piano personale, ma qui il problema è politico». Motivo per cui, talvolta «bisogna saper mandar giù, inghiottire», prosegue il Senatùr, convinto che «non vince chi attacca di più». Anzi, «a volte il migliore attacco è la difesa». D’altronde, «ho sempre pensato che il federalismo ormai c’è e ha la precedenza». Poi, «al resto ci penseremo».
Dal Belgio, il premier ricorda pure che «si va avanti insieme, di pari passo». Cioè, «non è che ci sia una cosa prima e l’altra indietro», tra federalismo e giustizia. E su questo punto, «c’è totale fiducia tra gli alleati». Ma quasi in contemporanea, il Senatùr fa notare: «Siamo la forza politica più radicata che esista al di sopra del Po e nessuno può sfidarci. Ma il più furbo è stato Berlusconi: ha fatto l’accordo con noi ed è riuscito a diventare presidente del Consiglio». Adesso, però, serve chiarezza. E il premier «confermi che il governo non ha cambiato indirizzo sul federalismo fiscale».

Tutto qua, non servono vertici o riunioni. Anche perché, sottolinea, lui «è intelligente, ha già capito». Dal canto suo, il Cavaliere assicura: «Nulla da chiarire, con Bossi c’è assolutamente accordo, un clima fraterno, fantastico».

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